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(...) Hanno presentato un pacchetto di nomine, proponendo

Domenica 14 Luglio 2019
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(...) Hanno presentato un pacchetto di nomine, proponendo come Presidente della Commissione una candidata tedesca, ma gradita ai francesi, un Presidente del Consiglio belga e un ministro degli Esteri spagnolo, entrambi legati a Macron. Una proposta che ha soddisfatto, anche se in modo non entusiastico, i componenti del Ppe ma che ha profondamente irritato i socialisti tedeschi che hanno visto in questa candidatura un'imposizione contro il patto di governo che in Germania lega strettamente socialisti e popolari. Non dobbiamo stupirci di questo perché le inimicizie hanno ancora un sapore domestico, come dimostra il fatto che David Sassoli, nuovo presidente del Parlamento e unico italiano a ricoprire una carica di vertice in Europa, è stato eletto a dispetto del voto contrario della maggioranza dei parlamentari del nostro Paese. Il malcontento nei confronti della von der Leyen si è però esteso ai socialisti e ai liberali di altri Stati e si è radicato nel gruppo dei Verdi, ancora riluttanti a dare il proprio voto favorevole. Non si tratta di divergenze sorprendenti, dato che a tutti è noto quanto sia difficile trovare una linea comune in un parlamento frazionato come quello europeo. Se si guarda ai contenuti della proposta politica della candidata, un accordo non è impossibile dato che, pur avendo in passato manifestato attitudini germaniche complessivamente ortodosse, la signora von der Leyen è sempre stata una convinta federalista, ha lavorato in favore di un esercito europeo, è stata tendenzialmente aperta nel campo dei diritti civili e si è perfino esposta, contro la sua stessa cancelliera, in favore di una proposta assimilabile agli Eurobond. La sua candidatura è apparsa tuttavia come un sopruso nei confronti del Parlamento. Frutto esclusivo di un'intesa franco-tedesca, essa ha potuto godere dell'appoggio della Spagna (alla quale è stata offerta la carica di Ministro degli Esteri) ma ha provocato lo scontento di molti altri membri, soprattutto per l'esclusione dei Paesi dell'Est. La tensione non si è attenuata negli incontri tenuti negli ultimi giorni dalla von der Leyen con i rappresentanti dei gruppi parlamentari. Essi infatti non sono riusciti ad ottenere impegni precisi riguardo all'autonomia della Commissione nei confronti del Consiglio, ad un suo legame organico e forte col Parlamento Europeo, ad un accordo sul potere di iniziativa del Parlamento nel caso di una proposta votata a maggioranza qualificata e, infine, all'opportunità di una sua drastica ed esplicita presa di distanza nei confronti dei partiti sovranisti. Se tutto questo sia dovuto ad una necessaria prudenza lo si vedrà nel discorso che Ursula von der Leyen terrà dopodomani, prima del dibattito parlamentare e del voto di fiducia. Un discorso che dovrà ribadire la stretta alleanza con i quattro partiti pro-europei che formano la maggioranza del Parlamento. Un voto possibile da conquistare ma che va costruito con una rete di alleanze non ancora perfezionata. Le poche ore che ci separano dalla votazione sono perciò di importanza cruciale, anche perché un suo esito negativo avrebbe conseguenze inedite ed esplosive, come ancora più esplosiva sarebbe un'approvazione ottenuta col voto dei partiti antieuropei. Essi, a partire dalla Lega, sarebbero infatti disposti a votare a favore, trasformando il loro modesto risultato elettorale in una vittoria politica che obbligherebbe la candidata von der Leyen ad immediate dimissioni e aprirebbe un drammatico conflitto fra le istituzioni e i partiti europei. Sono personalmente certo che questo evento non si verificherà ma sono ugualmente consapevole che, per evitarlo, occorrerà impiegare con saggezza e consapevolezza le prossime quarantotto ore, entro le quali la signora Ursula von der Leyen si è anche impegnata a dare risposta alle priorità a lei presentate da liberali e socialisti.
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