Paolo Sarpi, il frate riformista

Giovedì 5 Dicembre 2019
Paolo Sarpi, il frate riformista
IL PERSONAGGIO
«E che volete ch'io speri a Roma, ove li soli ruffiani et altri ministri di piacere e di guadagni hanno ventura?» osserva Paolo Sarpi nel 1588, dopo un soggiorno di tre anni nella curia pontificia. Non si volevano affatto bene il frate servita veneziano e la chiesa cattolica, tanto che arriveranno al conflitto aperto: il papa fulminando l'interdetto (la scomunica degli stati) contro la Serenissima e Sarpi difendendo con tutta la forza della sua dottrina le prerogative repubblicane. Anche se, sembra ormai assodato, Sarpi non intendeva compiere il passo estremo e portare Venezia nel mondo della Riforma, come sostenevano da un lato i protestanti per screditare la chiesa di Roma e dall'altro i cattolici oltranzisti per denigrare lo stesso Sarpi questi, per parlare con una terminologia moderna, era un riformista, ma non un rivoluzionario. Una buona occasione per ricordare la figura di questo fondamentale personaggio della storia veneziana, italiana ed europea, è la mostra allestita alla Biblioteca Marciana (sala monumentale, ingresso dal museo Correr, da oggi fino al 19 gennaio) in occasione dei quattrocento anni dalla pubblicazione della più importante opera sarpiana, la Historia del Concilio tridentino stampata a Londra nell'aprile 1619 e prontamente inserita nell'«Indice dei libri proibiti» nel novembre successivo.
LIBRO PROHIBITO
Tanto per avere un'idea di quanto fosse malvisto il libro di Sarpi si consideri che la prima edizione italiana nel senso di stampata in Italia esce soltanto quasi centocinquant'anni più tardi, nel 1761, in pieno Illuminismo. Lo stesso Paolo Sarpi dopo essere stato osteggiato è stato prima rivalutato e poi dimenticato. Il processo del Consiglio dei Dieci contro i suoi feritori è uno dei soli due anteriori al 1750 che si sono salvati dalle scellerate distruzioni di età napoleonica (l'altro è quello contro Paolo Orgiano, nobile vicentino, la cui vicenda ha probabilmente ispirato Alessandro Manzoni per scrivere I promessi sposi). Tutto il resto è stato buttato via, ma questi sono stati tenuti perché uno serviva per mettere in cattiva luce la chiesa cattolica e l'altro per gettare ombre sulla nobiltà.
MUSICA & POLITICA
Paolo Sarpi, per chi non lo ricordasse, è stato accoltellato sul ponte di Santa Fosca il 5 ottobre 1607 e sembra che non abbia mai davvero pronunciato la frase che gli viene comunemente attribuita: «Ignosco stilum romanae ecclesiae» dove stilum può essere tradotto sia con stile, sia con stiletto. Invece oggi, per i più Paolo Sarpi è soltanto la via principale della Chinatown milanese. All'inaugurazione della mostra sono intervenuti il direttore della Marciana, Stefano Campagnolo, il curatore, Carlo Campana, nonché Marie Viallon, docente di Lingua e letteratura italiana all'università di Lione e studiosa di Sarpi. L'iniziativa è in collaborazione con la Fondazione Ugo e Olga Levi perché il Concilio di Trento ha influito anche sulla produzione musicale. Roberto Calabretto ha spiegato che, secondo i dettami della Controriforma, bisognava salvare la comprensione delle parole e la musica non doveva prevalicare il testo. E proprio queste regole segue Giovanni Perluigi da Palestrina nel comporre il suo capolavoro la Missa Papae Marcelli magistralmente eseguita nella sala sansoviniana dall'ensemble Odhecaton, diretto dal maestro Paolo Da Col.
LA BIOGRAFIA
Paolo Sarpi nasce nel 1552 a Venezia, anno in cui il Concilio di Trento è in pieno svolgimento. Le assise dei vescovi influenzeranno profondamente tutta la sua vita, a cominciare dall'ordinazione sacerdotale che avverrà secondo le nuove disposizioni stabilite proprio a Trento. I contrasti con la chiesa di Roma raggiungono l'apice durante la vicenda dell'interdetto, quando lo stesso frate viene scomunicato. Dall'aprile 1606 allo stesso mese dell'anno successivo il contrasto è durissimo: Spagna prima e Francia poi cercano di indurre la Repubblica a cedere, mentre l'Europa, soprattutto quella protestante, resta «stupita e ammirata» per la «prova di vigore offerta dai veneziani». Alla fine tutto si chiuderà con un onorevole compromesso che consentirà a entrambe le parti di rivendicare il successo. Sarpi, quindi si dedica a scrivere la storia del Concilio, il cui manoscritto sarà ricopiato e spedito diviso in 14 parti all'arcivescovo di Canterbury. In Inghilterra si occupa della pubblicazione un personaggio piuttosto interessante, ovvero Marcantonio de Dominis, nobile nativo dell'isola dalmata di Arbe (Rab), nominato arcivescovo di Spalato (Split), che compie un percorso di andata e ritorno dal cattolicesimo alla riforma. Mentre si trovava in Inghilterra si era allontanato dalla chiesa di Roma e cura la stampa dell'opera di Sarpi (Dominis è ricordato anche per essere lo scopritore dell'arcobaleno ovvero il primo ad aver intuito che il fenomeno è dovuto alla rifrazione della luce solare attraverso le gocce d'acqua). La mostra ripercorre tutte queste tappe ed espone anche il manoscritto originale di Sarpi che si conserva alla Marciana (la copia utilizzata per l'edizione a stampa è andata distrutta nell'incendio di Londra del 1666).
LO PSEUDONIMO
Il manoscritto presenta le correzioni e le integrazioni dello stesso Sarpi e del suo segretario, Fulgenzio Micanzio, pure lui teologo. E anche la storia di questo documento è interessante perché era proprietà di una delle più celebri patrizie veneziane del Settecento, Cattarina Sagredo Barbarigo, immortalata in un ritratto di Rosalba Carriera, che nel 1773 vende il manoscritto all'allora bibliotecario della Marciana, Girolano Grimani. La cinquantina tra libri e manoscritti esposti ripercorrono la storia di questo libro, dalla prima edizione di quattrocento anni fa all'ultima, del 2016. Historia del Concilio tridentino era stata stampata a Londra perché re Giacomo I dopo aver inutilmente tentato di portare in Inghilterra Paolo Sarpi è costretto a ripiegare accontentandosi di pubblicare la sua opera più importante che, come detto, sarà in ogni caso in grado di creare notevole scompiglio. Il libro esce con la firma Pietro Soave Polano, anagramma di Paolo Sarpi Veneto. Nella mostra sono illustrate anche le reazioni dell'ortodossia cattolica, per esempio la controstoria del Concilio scritta da Pietro Sforza Pallavicino, teologo che si avvale dei documenti dell'Archivio segreto vaticano (da poco papa Francesco lo ha voluto ribattezzare come Archivio apostolico vaticano) e che scrive in polemica con Sarpi: Ove insieme rifiutasi con autorevoli testimonianze un'istoria falsa divulgata nello stesso argomento sotto nome di Pietro Soave Polano. Fino a non molto tempo fa il libro di Sforza Pallavicino costituiva per la chiesa cattolica una sorta di storia ufficiale del Concilio.
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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