«Nel nostro piccolo ci interessa ancora far ridere la gente»

Lunedì 14 Gennaio 2019
LA CHIACCHIERATA
Nel loro piccolo hanno fatto le cose in grande, misurandosi con mostri sacri come Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Per giocare con loro, «ma a modo nostro», rivisitando le loro canzoni e «scrivendo un epilogo e un prologo alle loro storie». Ale & Franz amano le ripartenze, sempre nuovi ma nello stesso tempo fedeli a se stessi, pronti a voltare pagina e ricominciare. E il nuovo Nel nostro piccolo, atteso il 15 al Salieri di Legnago, il 16 al Russolo di Portogruaro e il 17 al Comunale di Belluno, è il racconto di un mondo «visto dalla parte di chi ha il coraggio di vedere, con le proprie idee, dentro la vita di ognuno». Perchè Gaber e Jannacci sono stati «la scintilla che ci ha permesso di vedere l'uomo come il centro di tutto. Un mondo sofferto, gioioso, colorato e grigio. Ma sempre vero, reale».
Ale, questo Nel nostro piccolo è un lavoro a...otto mani.
«Otto mani, sì: non è classico omaggio, è una collaborazione tra noi e loro. Abbiamo preso alcune canzoni che ci hanno stimolato e abbiamo usato la fantasia per immaginare cosa potevano fare i personaggi di questi brani. Siamo partiti da dove loro erano approdati, e andati avanti inventandoci storie».
Divertiti?
«Molto, bisogna divertirsi altrimenti non si trasmettono emozioni al pubblico. E poi questo, per noi, è lo spettacolo della maturità. Ormai siamo uomini di mezza età».
È vero che avete incontrato Gaber in una pizzeria di Napoli?
«Sì, era seduto dietro di me, con la sedia ho urtato questo signore che poi ho scoperto era Gaber. Ci è venuto un colpo».
E che avete fatto?
«Niente, abbiamo finito la pizza e siamo scappati col cuore in gola. Eravamo agli inizi, quasi 22 anni fa, non ci è venuto il coraggio di disturbarlo».
E Jannacci?
«Il figlio Paolo aveva composto la colonna sonora del nostro film Mi fido di te ed Enzo ci aveva regalato un pezzo. C'è stata questa bella collaborazione indiretta».
Fossero ancora vivi, che chiederebbe loro?
«Mi piacerebbe parlarci. Gaber era molto provocatorio, faceva incazzare. Ti tirava sempre fuori una reazione. Mentre Jannacci raccontava quelle persone che nessuno aveva mai osato. Perdenti. Umili. Gli ultimi. E Milano, anche, ma con un occhio su tutto il resto del Paese. Mi piacerebbe sedermi a tavola con loro e toccare questi temi, parlare della società di adesso e ascoltare come la vedrebbero loro, partendo dalle persone, dal loro punto di vista umano e sociale».
E Milano?
«Chi l'avrebbe detto? Siamo la città che ha vinto per la qualità della vita. Più di Bolzano, e non parliamo tedesco».
Come l'avete vista cambiare? Nello show proponete i vostri vecchietti sulla panchina che raccontano le trasformazioni della città.
«Ho sempre sentito dire che era una metropoli, ma non lo era. Invece adesso lo è. Per i miei genitori il cambiamento di Milano è stato epocale. Adesso è una città internazionale, forse più internazionale rispetto a Roma. A Milano ci vieni per lavorare, per studiare. E poi a Milano c'è tutto. Io sono innamorato di Milano, è la mia città e mi sento a casa».
Pronti al rientro in tv?
«Su Raidue, credo a febbraio credo. Resta il format di Buona la prima, ma cambiando editore cambia anche il titolo dello show. Per ora pensiamo a Improvviserai, è ancora in standby, ma come spesso accade in Italia il provvisorio diventa definitivo».
La politica offre sempre spunti per la comicità?
«Noi non siamo mai stati interessati alla politica, ma certo, di questi tempi, avendo perso molta credibilità, diventa un tema difficile da toccare. Non ti dà spunti di riflessione. Per di più spesso la realtà supera la caricatura».
Cosa vi fa ridere?
«Tutto quello che ci sorprende, che non ci si aspetta, quello che non nasce come comicità».
Siete vicini al 25esimo anniversario di matrimonio.
«Nozze d'amianto! Siamo sposati da 24 anni, certo che ci sono stati alti e bassi. Siamo una coppia che convive da lungo».
Progetto speciale per festeggiare i 25 anni?
«Ancora top secret. Lo abbiamo nel cassetto, posso solo dire che si tratta di una cosa nuova. Ci piacerebbe approcciarci a un testo non nostro, anche un classico».
E il cinema?
«Tante cose nel cassetto, vediamo che succede, ci piacerebbe misurarci anche con la regia».
Quante idee ancora nel cassetto...
«Siamo pieni di roba. Per fortuna...».
Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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