L'INTERVISTA
Un gallese a Pordenone: perché Paul Bradley Couling, in arte

Lunedì 2 Ottobre 2017
L'INTERVISTA
Un gallese a Pordenone: perché Paul Bradley Couling, in arte Mal,ha scelto il Nordest?
«Vivo in Italia da 51 anni. Una sera cantavo vicino a Treviso e tra il pubblico c'era una ragazza che continuava a chiedermi Furia, l'ho invitata sul palco ed è così che ho conosciuto Renata che poi sarebbe diventata mia moglie. Abbiamo due figli: Kevin Paul di 19 anni e Karen Art di 16 che è nata pochi giorni dopo la morte improvvisa di mio padre Arthur e ha preso un pezzetto del suo nome. Nella mia testa ho pensato che stava nascendo una figlia, che non c'era un angelo custode disponibile e allora mio padre si era sacrificato. Ho scelto il Nordest perché è bello crescere dove c'è verde. Da bambino sono vissuto in campagna e sono stato felice: aiutavo i contadini, ho imparato tutti i mestieri, da muratore a elettricista. Da più di vent'anni vivo a Pordenone, amo questa città e anche il gioco del golf che è la mia passione».
Mal, 73 anni, è stato uno dei cantanti più popolari in Italia tra gli Anni '60 e 70, col suo italiano fortemente pasticciato di inglese ha segnato un modo di cantare. Grazie a Furia è stato anche il cantante più amato da una generazione di bambini.
Come è arrivato in Italia?
«Nel 1966, con la mia band dei Primitives. A Londra ci hanno scritturato Crocetta, il proprietario del Piper di Roma, e Gianni Boncompagni. Abbiamo avuto subito successo e per il primo disco hanno chiamato il paroliere Sergio Bardotti, che è venuto col suo amico Luigi Tenco. Puntavano su Yeeaah, ma bisognava tradurla e io non parlavo italiano, avevo imparato le parolacce e a dire spaghetti per favore. Mi ascoltarono: Hai una pronuncia che fa schifo, ma non cercare di migliorare. È stato Tenco a trovare la frase giusta: I tuoi occhi sono fari abbaglianti e io ci sono davanti. Piaceva perché c'era dentro la voglia di vivere. Incredibile pensare che pochi mesi dopo Tenco si sarebbe tolto la vita».
Era il tempo dei 45 giri nella hit-parade?
«Il primo da solista è stato Bambolina, poi Betty Blu e subito dopo a Sanremo con Tu sei bella come sei. Erano Festival come si deve, gli stranieri cantavano in italiano, anche Louis Armstrong. La seconda volta a Sanremo formavo una coppia stranissima con Luciano Tajoli che il Festival l'aveva vinto, ma io non lo conoscevo. Dovevo cantare La spada nel cuore con Patty Pravo, però eravamo entrambi del Piper e così Crocetta mi dirottò sulla canzone di Mogol Sole, pioggia e vento. Mi dissero che Tajoli si appoggiava alla sedia per cantare e che a un certo punto la sedia sarebbe scivolata e lui sarebbe caduto in ginocchio, roba che portava voti. Quella volta restò perfettamente in piedi. Il terzo Sanremo l'ho fatto con i Nomadi, Non dimenticarti di me, sempre parole di Mogol, pensavo di vincere, non siamo nemmeno arrivati in finale. Al Festival del 1977 avevo la canzone giusta, Bella da morire, me la tolsero spiegandomi che ero un cantante per bambini e la diedero agli Homo Sapiens che vinsero!».
Negli Anni '70 era una star da milioni di dischi.
«Ero una star internazionale, ho inciso dischi in inglese, tedesco, spagnolo, anche in greco ho cantato. Sono rimasto settimane nella hit-parade americana. Adriano Aragozzini mi ha portato a Las Vegas, sullo stesso palco dove si era esibito Elvis Presley; per una settimana avevo B.B. King ad aprire il mio spettacolo. Ho cantato al Madison Square Garden e al Festival di Tokyo, dove ho vinto. Mi sono esibito in Iran quando ancora c'era lo Scià, le donne avevano la minigonna e i ragazzi i capelli lunghi».
Famoso anche nel cinema e nei fotoromanzi.
«Quando un disco aveva successo, si faceva un film e posavi per i fotoromanzi. Avevo inciso una cover dei Bee Geas, Ti devo far arrivare un messaggio: le parole originali parlano di un condannato a morte che prima dell'esecuzione incide un disco per chiedere perdono. Migliacci la trasforma in una canzone completamente diversa: Questo disco è il mio pensiero o d'amore per te, per te . È rimasta due mesi in testa alla classifica e automaticamente è diventato un film. Fu un successo spaventoso, si preparò Lacrime d'amore a ruota».
C'era anche il Cantagiro.
«Era una stupenda vetrina per i cantanti e c'erano tutti i numeri uno: Celentano, la Pavone, Morandi che faceva il militare ma aveva il permesso per le tappe. Il manager decise che noi Primitives dovevamo andare con una Cadillac nera con scritta rossa e gialla. Su una strada tutta curve per risalire la Calabria l'auto ha fuso ed è rimasta lì. Ci ha ospitato il camion della Ferrarelle, noi eravamo dentro una gigantesca bottiglia e aiutavamo a distribuire acqua minerale. Poi la band si è sciolta, il batterista Davide Whiters, detto Pick, dieci ani dopo è diventato famosissimo con i Dire Straits».
Mal aveva fama di latin lover
«Ero tanto assediato dalle fan che avevo le guardie del corpo che mi toglievano dalla macchina e mi issavano sul palco, poi mi riportavano in auto. Ho avuto molte fidanzate, non tutte quelle che mi hanno attribuito i giornali».
A metà anni '70 ha ritrovato il successo.
«Era appena morto Vittorio De Sica e bisognava incidere la sigla per un ciclo di suoi film in tv, così ho cantato Parlami d'amore Mariù che in poche settimane ha superato Piange il telefono di Modugno. Avevo un contratto per l'inaugurazione di un locale di Santià, c'era la folla sotto la pioggia a dirotto e ci hanno fatto passare dal retro, correndo sotto l'acqua. Ma avevano lasciato scoperta una buca profonda e ci sono caduto in pieno. Mi sono risvegliato all'ospedale di Biella con tre vertebre schiacciate, le costole fratturate, un braccio rotto. Mi ha protetto un angelo. Il mio disco era primo in classifica e io ero su un letto tutto ingessato, in piena estate, con un caldo boia, sei mesi fermo. Mi è rimasto il trenta per cento di invalidità permanente. Ho fatto causa, dieci anni di processi per prendere meno della metà».
E Furia cavallo del West?
«Era il 1977, la Ricordi doveva incidere una sigla televisiva per bambini, una vecchia serie, telefilm in bianco e nero con un cavallo. Canto Furia cavallo del West che beve solo caffè per fare il pelo più nero, musica dei fratelli De Angelis, parole di Luigi Abertelli, non ci crede nessuno, invece vende più di un milione e mezzo di copie».
Cosa è rimasto di Furia?
«Beh! Ha avuto un nipotino. Giusto per festeggiare i 40 anni del successo, Albertelli e Fasano hanno scritto il seguito. Si chiama Benjamin, diventerà un cartone animato, ha il sorriso da play-boy e la criniera da dee-jay. Dimenticavo: anche lui beve solo caffè per fare il pelo più nero che c'è».
Edoardo Pittalis
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