L'intervista/ Nadège Dubospertus

Venerdì 14 Dicembre 2018
È stata una delle muse di Azzedine Alaïa. Ha sfilato per Gianni Versace, Valentino, Armani, Chanel, Dior e molte altre star della moda. Ha calcato le passerelle con Carla Bruni, Eva Herzigova, Naomi Campbell e, come loro, è stata una delle top model iconiche degli anni Novanta. Poi si è allontanata dalle scene per dedicarsi alla famiglia. A cinquant'anni, Nadège Dubospertus si racconta nel libro Strong & Chic. Scelte di vita e di stile di una parigina mezza milanese (Vallardi), che sarà presentato la prossima settimana a Roma, in cui ripercorre vita e carriera e svela alcuni dei suoi segreti di bellezza. Ma soprattutto, rivela come regalarsi una seconda vita e, forse, giovinezza.
Cresciuta in un piccolo paese vicino Parigi, ha sempre sognato una carriera nella moda?
«Non mi sono mai sentita bella, ero molto insicura. In casa, da bambina, venivo spesso ripresa e questo condiziona. Un giorno per strada dei ragazzi mi hanno fermata e mi hanno detto che avrei potuto fare la modella. Li ho incontrati altre due/tre volte. Ho iniziato così a pensare che quel lavoro poteva essere un modo per andare via di casa. Cresciuta, sono andata a Parigi e ho trovato un'agenzia».
Ha conquistato Herb Ritts in uno scatto.
«Stava facendo un casting mondiale, l'agenzia ha mandato una mia foto. Lavoravo da pochi mesi, non avevo un vero book, lo scatto fu mandato via fax. Herb Ritts rimase colpito dal mio sorriso e mi volle per un servizio. Ero davvero agli inizi, non sapevo bene l'inglese, fortunatamente quel giorno stava lavorando con un modello francese: è stato lui a dirmi cosa voleva che facessi. Herb Ritts era una persona stupenda, mi ha lanciata».
Ha sfilato per molti grandi marchi: con chi c'era più affinità?
«Lavoravo bene con tutti, mai avuto problemi, ero molto professionale, non una simpaticona, passavo per snob, ma mi rispettavano. Andava benissimo con Armani. Adoravo Gianni Versace, persona splendida, le sue sfilate erano veri spettacoli, ci divertivamo molto. Con Azzedine Alaïa, ci vedevamo anche fuori dal lavoro, eravamo amici. Lui creava i suoi abiti sulle modelle, ricordo tante notti in bianco passate a lavorare».
Poi ha lasciato tutto per la famiglia.
«Uno dei miei tre figli aveva problemi di salute, è stato naturale non pensare alla carriera. Il matrimonio successivamente è fallito. La malinconia non mi lasciava mai. Un giorno mi sono fermata a riflettere su tutte le scelte che avevo fatto e mi sono resa conto che avevo sempre pensato agli altri, non a me. Era tempo di iniziare».
Questo le ha fatto bene anche allo specchio, cosa ha cambiato nella sua routine?
«Una persona che sta bene ha un aspetto sereno. Inizio sempre la giornata prendendomi del tempo per me. Mi alzo prima al mattino per farlo, intorno alle 6, se serve pure prima. Leggo qualche pagina di un libro, scrivo se ne ho voglia. Vado a correre tutti i giorni».
Una cura vincente, il tempo non sembra passato per lei.
«Mangio bene, l'ho sempre fatto. Elimino fast food, bibite gassate e simili. Dormo tantissimo, minimo otto ore. E dopo la doccia, non mi vesto rapidamente, mi concedo il tempo per passare creme nutrienti su corpo e viso. In generale mi trucco poco e uso prodotti naturali. Molte pensano che per essere belle occorrano creme costose, non è così. Per un peeling bastano zucchero, olio di oliva e un po' di limone. Su internet si trovano metodi per farsi maschere in casa».
Ha indossato tanti abiti griffati, che rapporto ha con l'abbigliamento?
«Amo uno stile semplice, ho sempre optato per il nero, colore neutro che ti permette di non farti notare. Oggi però uso molti colori, mi piacciono. Amo anche i vestiti a fiori. Lo shopping è vario. Non è detto che se compri un capo griffato stai meglio che con un vestito preso in un negozietto, conta indossare qualcosa che faccia sentire belle. Ora invece sembra che tutte debbano avere il capo o l'accessorio del momento».
Come le appare oggi il mondo della moda?
«Prima le modelle dovevano essere belle, ora è meno importante. All'epoca non c'era il fotoritocco. Il fotografo faceva gli scatti e solo quando sviluppava il rullino vedeva il lavoro. L'unico strumento erano i filtri. I fotografi erano artisti, senza nulla togliere a quelli attuali. Oggi si ridisegnano linee, si cancellano dettagli. E la gente accetta cose che non esistono. Molte ricorrono al bisturi per apparire diverse da ciò che sono. Io, quando lavoro, non voglio che mi ritocchino, perché non sarei io».
Prossimi progetti?
«Per ora voglio concentrarmi su questo libro. Credo possa essere uno spunto di riflessione utile, un punto da cui partire per cercare la propria personale ricetta per il benessere quotidiano. Penso soprattutto ai giovani. A cinquant'anni ho capito tante cose, sono contenta, ma se qualcuno me le avesse dette a trenta, mi sarei permessa di iniziare prima a stare bene con me stessa».
Valeria Arnaldi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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