L'INTERVISTA
L'intelligenza, la creatività e la capacità di aprirsi

Giovedì 20 Settembre 2018
L'INTERVISTA
L'intelligenza, la creatività e la capacità di aprirsi agli altri. È questa la strada che Venezia, presa d'assalto dal turismo, deve percorrere. Parola di Philippe Starck, genio mondiale del design che ha firmato oggetti di culto come lo spremiagrumi Juicy Salif di Alessi o lo yacht di Steve Jobs e che a Venezia oltre ad avere casa (a Burano per la precisione) ha recentemente lavorato al restauro del Caffè Quadri.
«Venezia - dice Starck - una volta era la città più all'avanguardia del mondo nell'ambito della politica, commercio e creatività. Anche l'Arsenale era più moderno di una compagnia aerea di oggi, perché consegnava una nave completamente finita, un valore incredibile. E si creavano navi con la stessa facilità con cui oggi si costruiscono automobili, con un flusso continuo che definirei Hypermoderno».
E poi, cos'è successo?
«Ad un certo punto ci si è dimenticati di tutto, il turismo di massa ha preso sempre più piede avendo di fatto il sopravvento sull'intelligenza, una cosa davvero molto triste, perché Venezia era il cervello del mondo, il cervello dell'Europa e deve diventare di nuovo questo. È possibile».
Uno slancio ottimista, ma come fare?
«Bisogna riportare i cervelli dove c'erano i cervelli: creativi, startuppers e aziende sarebbero molto felici di essere presenti in una città che è strutturalmente moderna. Venezia è una città liquida (inteso anche in senso di adattabile, ndr), dove non ci sono problemi legati alle auto, non ci sono problemi nel creare cablaggi per internet. Tutte le città un giorno saranno come Venezia, senza auto, si pensi ad esempio a Londra e Parigi. Oggi io sto lottando in questo senso, qui invece è già fatto».
Allora c'è davvero speranza?
«Certo, la mia speranza, per Venezia, è che ci si ricordi di quale sia il vero Dna di Venezia: ovvero l'intelligenza, non solo vendere gelati alla vaniglia».
Per lei che cosa significa vivere in questa città?
«Vivere a Venezia per me è davvero importante perché quando mi trovo qui è come se mi trovassi alle origini del mondo, aspettando l'inizio della vita. Per questo, per un creativo come me, essere in un contesto quasi da materia prima è davvero incredibile, mi permette di trovare la giusta ispirazione».
Che cosa conosce di questa realtà?
«Venezia è davvero un luogo magnifico, dove la concentrazione per sviluppare la creatività è massima. Non la conosco a fondo, conosco la zona dove ho casa da tanti anni, l'isola di Burano, dove c'è un fantastico modello di società perché oggi la società è fatta prevalentemente di odio, mentre a Burano si respira amore».
Le piace così tanto quest'isola?
«Sono a Burano non perché sia una fantastica isola, ma mi trovo lì perché tutti si conoscono da sempre, c'è un'aria familiare, ci si parla, ci si vuol bene e si va avanti a parlare fino a che non arriva la notte. Per me questa è l'essenza della società, basata sull'amore, sul rispetto verso il prossimo e sull'intelligenza di vivere in un così piccolo borgo con un così grande senso di appartenenza».
Cos'altro la attrae di Venezia?
«Un'altra cosa che mi piace molto è la sensazione di sentirmi perso in mezzo al nulla quando prendo una barca. Mi sento quasi impaurito quando arriva la nebbia perché non si capisce bene dove ci si trovi, il che dà un senso di avventura impagabile nel resto d'Europa».
E cosa non le piace?
«Non dobbiamo mai dimenticarci che Venezia fu creata da persone che scappavano dai barbari, raggiungendo la laguna per evitarli. Poi ci furono epidemie come colera, tifo, peste. Oggi c'è il turismo che potrebbe uccidere Venezia. Se non si farà nulla, avrà successo e ucciderà Venezia. E questo non è accettabile».
Da visionario, lei ha una visione di Venezia che possa salvarla?
«Non è affatto semplice, la città deve aiutarsi mandando un messaggio chiaro a coloro che lavorano con la creatività, ad esempio a Palo Alto o dovunque nel mondo. Si deve far capire che ogni cervello che voglia lavorare qui sia il benvenuto. Allo stesso modo, si potrebbe sviluppare un terreno fertile per i giovani startuppers, ma anche creare una sorta di marchio del tipo Pensato/creato a Venezia che diventi il più elevato marchio per quanto riguardi il mondo della creatività».
Tomaso Borzomì
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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