IL PERSONAGGIO
Viaggiare seguendo le carovane di nomadi. Una suggestione che

Domenica 20 Ottobre 2019
IL PERSONAGGIO
Viaggiare seguendo le carovane di nomadi. Una suggestione che l'ha portata a camminare per due mesi nel deserto al seguito dei tuareg e ad attraversare regioni dell'India al fianco dei rabari. Se le si chiede da dove nasca questo amore, attacca con un «non so, questa è una domanda in sospeso a cui non sono ancora riuscita a dare una risposta». Però ha ben presente cosa ha sentito la prima volta che ha incontrato una carovana: «Ho provato un senso di incantazione». Le suscita questo «un popolo in transumanza, l'odore, la polvere sollevata, il passo lento di cammelli e pecore». Quei nomadi che di fatto hanno impresso un nuovo percorso alla sua esistenza, formavano una carovana del sale. Da lì tutto è cambiato per la veneziana Elena Dacome, che ha accorciato il suo cognome con un semplice Dak, come tutti la chiamano fin dai tempi della scuola. Quel liceo classico Franchetti frequentato a Mestre seguito dal percorso di laurea iniziato a Filosofia all'Università Ca' Foscari. «Strascicavo questi studi senza convinzione, così ho virato a Conservazioni dei beni culturali, per dedicarmi all'antropologia». Il timone quindi inizia a orientarsi verso quella che sarebbe poi diventata una scelta di vita forte e totalizzante.
LA SCINTILLA DEL CAMBIAMENTO
Ma la scintilla che determina l'inizio di tutto si accende a 28 anni, quindi nemmeno tanto presto. «Stavo lavorando con un contratto a termine per Alitalia e mi sono imbattuta su un meraviglioso catalogo di un tour operator. Così mi sono detta: Io voglio lavorare per loro». Detto e fatto. Da allora, e di anni ne sono trascorsi ormai venti, viaggia. Lo fa su due piani diversi: ci sono i viaggi come guida «che sono il mio lavoro, con il quale mi mantengo», ma poi ci sono i viaggi di ricerca «che intraprendo da sola, il più delle volte come unica donna occidentale». Per professione guida i gruppi in Africa, specie in Ciad, Etiopia, Eritrea, in Medio Oriente, «anche se in questo periodo non è frequentabile», in Asia Centrale e in India. Tour che durano mediamente una paio di settimane. Ben altra cosa sono i percorsi di ricerca che la portano lontano anche per un paio di mesi.
È ormai una profonda conoscitrice di alcuni territori, specie dell'Africa sahariana, e per questo tiene seminari all'Università Ca' Foscari di Venezia e alla Bicocca di Milano. Inoltre fa parte dello staff della trasmissione Overland, dedicata ai viaggi estremi, in onda su Rai Uno il venerdì sera.
LA SCELTA DI VITA
«L'unico modo per capire come vivono i nomadi è camminare assieme - dice Elena Dak - questo richiede preparazione e anche allenamento fisico». Specie se si segue una carovana che attraversa il deserto Ténéré nel Niger. «Percorrevamo 40-50 chilometri al giorno sulla sabbia a 35-40 gradi. Io ero l'unica donna assieme a trenta uomini e trecento dromedari». Da questa esperienza è nato il suo primo libro, edito da Corbaccio, La carovana del sale. Una narrazione che incanta il lettore a tal punto che il volume è stato scelto per un Corso di Letteratura italiana contemporanea da Ilaria Crotti, docente a Ca' Foscari. Malgrado Elena Dak in questa esperienza si sia ritrovata nel nulla delle dune da sola in mezzo a trenta carovanieri, confessa di non ha mai percepito disagio. «Avevo lavorato molto con i tuareg - dice - nella loro cultura la donna ha un ruolo di primo piano ed è rispettata, nei trentaquattro giorni di attraversata non ho mai provato una sensazione di pericolo, quelle percezioni che noi donne sappiamo cogliere molto bene». Certo l'esperienza non è stata facile: si lavava quando trovava un po' di acqua in qualche stagno, alla notte stramazzava di stanchezza su un materassino senza nemmeno avere le forze di montare una tenda e per nutrirsi si cibava di quanto mangiavano i tuareg. «Se non muoiono vuol dire che è commestibile» racconta ammettendo comunque che per conoscere un popolo devi nutrirti come loro, «anche se non ho mai mangiato cose strane come ragni o insetti». Diversa è stata la transumanza del Ciad che ha ispirato il suo secondo libro Io cammino con i nomadi, edito sempre da Corbaccio. «Qui percorrevamo 3-15 chilometri al giorno alla ricerca di qualche pascolo e i nomadi in questo caso si spostano sempre in gruppo portando con sè anche la loro famiglia».
IN CAMMINO CON I POPOLI
Vent'anni di cammini, racconti ed emozioni fino all'ultima esperienza in India. È infatti da poco rientrata a Venezia dopo aver seguito i pastori rabari assieme al fotografo Bruno Zanzottera, che lavora anche per il National Geographic, e da questa loro esperienza nascerà un libro di immagini e parole. «Qui i nomadi si confrontano con l'urbanizzazione - racconta Elena - quindi capita che attraversino interi territori con i loro dromedari percorrendo le corsie di emergenza delle autostrade». Un paradosso che lascia interdetti, ma che offre pure qualche vantaggio: «per lavarci usavamo le docce degli autogrill, quelle solitamente utilizzate dai camionisti».
Nel suo lavoro di scrittura rientra infine un terzo volume di cui è appena uscita in libreria una nuova edizione. Si tratta di Sana'a e la notte dedicato alla capitale dello Yemen. «Una città per molti aspetti simile a Venezia, e non solo perché lo diceva Pasolini, e che ho avuto la fortuna di conoscere quando era ancora visitabile. Ha rappresentato per tanto tempo l'ideale di città carovaniera lungo la via dell'incenso. Ora ho sentito la necessità di aggiornare questo libro per raccontare il degrado e la distruzione che sta subendo». E mentre mette il cuore in quello che fa, Elena Dak lascia trasparire tutto il suo amore, quasi contagioso in chi la ascolta, per questi luoghi lontani e per questi popoli dalle atmosfere arcaiche.
Raffaella Ianuale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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