IL CAPITOLO
Nonostante nel 1927 fosse ormai a tutti gli effetti un dittatore,

Giovedì 29 Ottobre 2020
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Nonostante nel 1927 fosse ormai a tutti gli effetti un dittatore, Mussolini era apprezzato da statisti e giornali stranieri. Il 15 gennaio ricevette a palazzo Chigi Winston Churchill, in quel momento cancelliere dello Scacchiere, cioè ministro delle Finanze del governo britannico. Churchill «si presento senza sigaro, né mai ne accese uno durante il colloquio che duro un'ora di orologio» racconta Quinto Navarra in Memorie del cameriere di Mussolini. (In realtà, Navarra non e mai stato il cameriere di Mussolini. Era primo commesso al ministero degli Esteri, quando nel 1922 il Duce ne prese l'interim. Fu amore a prima vista e Navarra lo segui fino a Salò, presidiando la sua anticamera. ()
Ma torniamo a Churchill. L'indomani il Duce ne ricambiò la visita all'ambasciata britannica e fu l'ultima volta che i due s'incontrarono. In una conferenza stampa tenuta qualche giorno dopo, il cancelliere britannico dichiaro di apprezzare la vittoria italiana contro «gli appetiti bestiali del leninismo», sostenne che «è perfettamente assurdo dichiarare che il governo italiano non si posi su una base popolare o che non sia sorretto dal consenso attivo e pratico delle grandi masse». Concluse dicendosi «affascinato» da Mussolini: «È facile accorgersi che l'unico suo pensiero e il benessere durevole del popolo italiano». Sempre nel gennaio 1927 George Bernard Shaw scrisse sul «Daily Mail»: «Il popolo era tanto stanco dell'indisciplina e della vacuità parlamentare, che sentiva il bisogno di una tirannia efficace. L'onorevole Mussolini e il suo adorato tiranno».
E il 18 maggio lo storico John Spargo biografo di Karl Marx e cofondatore del Partito socialista americano, poi passato ai repubblicani si profuse in complimenti sul «New York Times»: «Mussolini oggi e l'uomo più straordinario del mondo e la sua figura e cosi dominante che nessuno studioso di storia può considerarla con indifferenza». Samuel Sidney McClure, celebre giornalista investigativo americano di origine irlandese, si recò a Milano a esaminare otto annate del «Popolo d'Italia», dal 1914 al 1922. Scrisse ad Arnaldo, fratello di Benito e direttore del giornale, che la storia di quegli anni era «stupefacente» e concluse: «Amo vostro fratello più di ogni altro uomo che io abbia incontrato, eccettuato Theodore Roosevelt, che ho servito per trent'anni».
Perché accadeva tutto questo? Ancora una volta occorre guardare la carta geografica. L'Italia è sempre stata considerata un paese strategico per gli equilibri mondiali. Se nel primo dopoguerra nel Partito socialista italiano avesse prevalso la maggioranza leninista, il nostro paese sarebbe stato perduto per l'Occidente. Per politici e osservatori occidentali, quindi, la soppressione della libertà politica in Italia per opera di un dittatore amico dell'Occidente era preferibile alla scelta bolscevica, che difficilmente avrebbe garantito la dialettica democratica.
Bruno Vespa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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