Garrone, Dogman da Palma

Giovedì 17 Maggio 2018
IL FESTIVAL
L'Italia cala il suo carico da undici, il regista con il quale puntare a un premio importante, a quella Palma che Matteo Garrone, è lui il nostro attaccante, ha già sfiorato due volte qui a Cannes. Dogman, che passa oggi in Concorso e dopo Lazzaro felice di Alice Rohrwacher chiude le nostre chances per la vittoria, è un film bellissimo. Vi si ritrovano le atmosfere cupe, i drenaggi esistenziali in zone infette, la dissolvenza di ogni umanità, già assorte a stile in L'imbalsamatore, Primo amore e ovviamente Gomorra.
UNA VICENDA VIOLENTA
Una storia dura di dipendenza psicologica, un'altra avventura nel deserto suburbano di un'Italia che delinea i conflitti sociali, uno squarcio nella violenza codificata di rapporti estremi. Si parte dalla cronaca, da un episodio di tanti anni fa, noto come il caso del Canaro della Magliana, che fece a pezzi l'uomo che lo soggiogava, riducendo in poltiglia il suo corpo. Garrone lo sfiora appena, se ne disfa prontamente, soprattutto nei suoi risvolti più splatter, horror, portando questo nuovo duello in uno scenario western, dentro i confini di una vendetta che in realtà è solo riscatto, profondamente svuotato di ogni aspetto voyeuristico e disegnato dentro un quadro di inconsolabile solitudine, come dimostra il magnifico finale, con un primo piano insistito, prima di spalancare quel corpo arreso in un campo lungo di definitiva emarginazione.
GIRATO IN CAMPANIA
Girato nel desolato Villaggio Coppola in Campania, è la storia di Marcello, uomo mite, toelettatore per cani, padre amoroso della figlia Alida, succube di Simoncino, ex pugile, ras del quartiere, al quale si ribellerà quando la misura della sopportazione avrà raggiunto il limite. A interpretarlo, in possibilità di premio per una recitazione sorprendente, è Marcello Fonte, calabrese di nascita, qui a Cannes oltre ogni sua possibile immaginazione fino a qualche tempo fa: «Sono diventato attore per caso, per una compagnia che operava in uno spazio sociale abbandonato, dove io facevo il custode. Un giorno un attore è morto in bagno per aneurisma. Io seguivo da sempre le prove ho preso il suo posto. E non l'ho più mollato. Così ho partecipato al casting e sono stato scelto».
CRONACA E AMORE
Le strade della vita sono sempre misteriose. E spesso complicate. Come la nascita di questo film. Spiega Garrone: Ho cominciato a pensare a Dogman 12-13 anni fa, prima di Gomorra, ma ho sempre rimandato la realizzazione, perché non ero convinto, soprattutto volevo evitare i toni più forti. Invece nel frattempo è nato anche mio figlio, che mi ha aiutato a costruire il rapporto che Marcello ha nel film con la sua figlia e che ha dato alla storia un contributo importante. Sono partito dalla cronaca, ma me ne sono liberato. Non volevo scene cruente per capirci. Il mio personaggio non poteva fare cose simili. Così con Marcello, che per me assomiglia a Buster Keaton e non a un assassino, ho trasmesso la dolcezza, i chiaroscuri di una storia anche contradditoria.
UN RACCONTO DEI RACCONTI
Un ritorno al suo primo cinema, parzialmente accantonato con Il racconto dei racconti, più esplicitamente surreale, fantastico. Ancora Garrone: «Cambiano i temi, ma il rapporto con la solitudine dei miei personaggi resta forte, intatto. Sono psicologicamente fragili, mi interessano per questo». Il film esce oggi in Italia, in 370 copie, con il divieto ai 14 anni, che non dovrebbe più esistere con la nuova legge: Non so, il mio film ha indubbiamente elementi che vanno presi con cautela da un pubblico giovane. La limitazione la capisco. Speriamo non abbia limiti la giuria. Il film vale un'attenzione assoluta.
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci