Dal primo Mortensen a Ozon il festival fantasma di Cannes

Giovedì 4 Giugno 2020
CINEMA
Dopo mesi di indugi, di calendari aggiornati, di tentativi disperati di mantenere vivi l'interesse e perfino una speranza impossibile di poter dare il via alla 73esima edizione del festival, e dopo essersi arreso all'evidenza e decretato la rinuncia della più famosa kermesse cinematografica del mondo, la testardaggine non ha abbandonato il delegato generale Thierry Frémaux, che per ristabilire una supremazia cosmica, più o meno accettata, si è concesso una, diciamo sobria per non dire triste e un po' patetica, conferenza stampa-dialogo, davanti a una simbolica platea vuota, per presentare l'edizione fantasma, ottenendo così una paternità sui film comunque scelti, con tanto di etichettature sodali, da mandare ai posteri. E così adesso tutti conosciamo la cinquantina di film che avremmo potuto vedere nelle sale del Palais cannense; e con buona pace questa specie di farsa forse si è conclusa. Sfugge un senso a tutto questo, a maggior ragione dopo aver ascoltato il delegato generale soffermarsi sui film, spiegare scelte cercando di incuriosire, ben sapendo di legittimare una realtà fasulla, un'ossessione a non restare fuori dalla storia cinematografica di questo disgraziato 2020, perché Cannes questo non lo può accettare. Molto francese.
I TITOLI
E così, leggendo di corsa i titoli presentati, ci si accorge che il consueto fasto traboccante di autori e di film attesissimi è indubbiamente attenuato e che soprattutto, com'era ovvio attendersi per motivi facilmente intuibili, non c'è alcun titolo italiano presente nella selezione, nemmeno, questo sì attesissimo, Tre piani di Nanni Moretti, che a Cannes ci sarebbe stato di sicuro a festival possibile, e che adesso aprirà discorsi sulla sua possibile, magari probabile, per alcuni perfino certa presenza alla Mostra, sempre che poi anche la Mostra si faccia, nonostante a tutt'oggi l'ottimismo sia elevato e più motivato di un tempo. A dire il vero c'è un film girato in Italia, tra Paestum e Bologna, prodotto anche da Rai Cinema, con Alba Rohrwacher, Charlotte Rampling e Nick Nolte: si intitola Last words ed è firmato dallo statunitense Jonathan Nossiter.
Il resto è una corsa tra (pochi) nomi noti, con buona soddisfazione di Venezia, altri emergenti e un paio di sorprese, a cominciare dall'esordio alla regia di Viggo Mortensen con Falling. Ecco dunque affiorare, in una catalogazione tra fedeli, nuovi ingressi e opere d'esordio Wes Anderson, che avrebbe inaugurato il festival con The french dispatch, e poi François Ozon, il cui tè 85 uscirà il 15 luglio, la sempre presente Naomi Kawase, l'ultimo Pixar (Soul di Pete Docter) e anche l'animazione con il film del figlio di Hayao Miyazaki, Gor; e ancora: Steve McQueen, Thomas Vinterberg, Maïwenn, Sharunas Bartas, Im Sang-soo, Lucas Belvaux, un film a episodi di, tra gli altri, Johnnie To e Tsui Hark. Insomma una finta edizione minore, con film che si sono volontariamente legati a Cannes (e quindi Moretti no) e che potranno circolare altrove (ma non nei festival più importanti) con l'etichetta cannense, che garantirà anche un aiuto distributivo.
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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