Cortina 56, Olimpiadi di vita

Giovedì 28 Maggio 2020
Cortina 56, Olimpiadi di vita
LA STORIA
Uscire sconfitti e devastati da una guerra lacerante e fratricida, che aveva sconvolto il Paese con milioni di morti e un'economia azzerata, e dopo pochissimi anni organizzare in rapida successione le Olimpiadi invernali a Cortina nel 1956 e quelle di Roma nel 1960, è a suo modo un record. La dimostrazione della forza dell'Italia, capace di rialzarsi e tornare tra i Grandi del mondo. Potenza dello sport. Ma anche grande capacità politica e diplomatica. Giochi diplomatici, sintetizza Nicola Sbetti nel titolo di un ponderoso saggio (che è stato anche la sua tesi di laurea nel 2015) che esce in questi giorni, nella collana Ludica della Fondazione Benetton, edito da Viella. Il sottotitolo spiega molto di più. Sport e politica estera nell'Italia del secondo dopoguerra. Al contrario di Germania e Giappone, gli ex alleati da cui si era sganciata, l'Italia non fu messa in fuorigioco nello sport. I suoi atleti quasi subito poterono ripartire. Perché? Nicola Sbetti - storico dello sport che insegna all'Università di Bologna - più che dare una risposta avanza una serie di ipotesi. Innanzitutto l'uscita anticipata dall'Asse germano-nipponico e la presenza, all'interno del territorio italiano, dello Stato Vaticano. Non secondaria la capacità di mediazione di alcuni uomini che avrebbero avito un lungo cammino politico e dirigenziale: Giulio Andreotti, sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, e Giulio Onesti che, nominato commissario liquidatore del Coni nel 1944, lo trasformò nel ministero degli esteri dello sport restando alla presidenza fino al 1978, quando passò il testimone al padovano Franco Carraro.
FIGURE CARDINE
Andreotti e Onesti erano due campioni della diplomazia, due tessitori che vedevano lontano. Un altro aiuto ad uscire dall'isolamento sportivo venne da alcuni campioni che indirettamente svolsero il ruolo di ambasciatori dell'Italia a suon di risultati. Quelli erano gli anni di Bartali e Coppi, del discobolo veronese Adolfo Consolini, primatista mondiale, e del Grande Torino, la squadra entrata nel mito. Il cammino che porta ad organizzare un'Olimpiade è lungo, la concorrenza da vincere sempre agguerrita. Lo sa la Cortina di oggi, quanto ha dovuto lottare per ottenere l'assegnazione dei Giochi del 2026. Lo fece anche la Cortina di ieri. Ci aveva provato anche Mussolini a portare le Olimpiadi in Italia, per il duce sarebbe stato un segnale di grande riconoscimento internazionale. Hitler nel 1936 ci era riuscito.
IL DOPOGUERRA
La rincorsa ai Giochi è partita da lontano. Prima di organizzarli, bisognava almeno partecipare. Le prime Olimpiadi post guerra furono a Londra nel 1948. Esclusi Germania e Giappone, volutamente assenti Unione Sovietica ed altri Paesi dell'Est. Presente l'Italia, che venne anche gratificata del passaggio della fiaccola olimpica nel percorso da Atene a Londra. Un segnale anche questo: oltre 600 militari si alternarono nel portare la fiaccola fino al confine con la Svizzera. I soldati che fino a pochi anni prima avevano combattuto contro l'Europa, ora correvano con un simbolo di pace. A Londra arrivarono anche le medaglie d'oro. Otto, ma la vittoria più importante fu la scelta di Roma, come sede per la riunione annuale del Comitato olimpico internazionale, che avrebbe dovuto esaminare le candidature per i Giochi invernali del 1956. Dal 24 al 29 aprile del 1949 i delegati di una quarantina di nazioni si riunirono in Campidoglio e poterono ammirare lo splendore romano con tanto di udienza da Papa Pio XII. Andreotti e Onesti fecero le cose in grande e l'esito fu trionfale: Cortina venne scelta con 31 voti a favore contro i 7 di Montreal, i 2 di Aspen e uno per Lake Placid. Erano passati solo 4 anni dal 25 aprile del 1945!
LA RINASCITA SPORTIVA
«La decisione del Cio - sottolinea Sbetti - andava ben al di là della sfera sportiva». La gioia pochi giorni dopo, il 4 maggio, venne stroncata dalla tragedia di Superga: la morte dei giocatori del Grande Torino gettò l'Italia nella disperazione. La nomination di Cortina divenne un grande volano per lo sport italiano, emendato completamente dalle macchie del fascismo, anche se, è giusto ricordarlo, diversi dei dirigenti delle Federazioni sportive, avevano avuto ruoli attivi nella gestione dello sport durante il ventennio. Cortina venne subito messa alla prova organizzativa. Nel gennaio del 1950 si svolse il campionato mondiale di bob, sulla nuova splendida pista olimpica che nel '56 avrebbe consacrato Eugenio Monti, il rosso volante. La pista era un autentico gioiello, costato 30 milioni di lire dell'epoca. L'Italia aveva deciso di investire molto sullo sport. «Organizzare un'Olimpiade - spiegava Andreotti - significa mettere in gioco il prestigio dello Stato».
SPORT E PROPAGANDA
Era la conferma della ritrovata affidabilità democratica del Paese. E l'Italia aveva capito che lo sport era un grande passepartout. Dopo Cortina l'obiettivo erano le Olimpiadi di Roma nel 1960. Anche questo traguardo venne centrato. Il 15 giugno del 1955 la sessione plenaria del Cio, riunita a Parigi, scelse Roma come sede dei XVII Giochi olimpici dell'era moderna. Le altre città candidate erano: Losanna, Detroit, Budapest, Bruxelles, Città del Messico e Tokio. La diplomazia sportiva italiana metteva a segno una doppietta che rappresentava una straordinaria occasione di rilancio per l'immagine del Paese. «La dimostrazione tangibile del cammino ascensionale dello sport italiano», sentenziò con enfasi, Giulio Onesti. Lo sport, effettivamente, aveva aiutato l'Italia a crescere e in taluni casi, l'aveva salvata da problemi molto più gravi. Le vittorie in serie di Gino Bartali al Tour de France del 1948, contribuirono ad attenuare le reazioni a sfondo rivoluzionario che seguirono l'attentato a Palmiro Togliatti, leader del Partito Comunista. Anche la questione Trieste, che dopo la guerra non era stata ricongiunta all'Italia, ma divisa in zona A e zona B in attesa di decidere se unirla, come naturale, all'Italia o annetterla alla Jugoslavia di Tito, divenne oggetto della diplomazia dello sport. Dal 1946 al 1950, tutte le Federazioni sportive organizzarono a Trieste i campionati italiani di specialità e i propri congressi e il Giro d'Italia vi fece tappa. Sport e politica si integravano e sostenevano a vicenda. Ma, diversamente da quanto avvenuto durante il regime fascista - conclude Sbetti - i governi democratici, in ossequio allo slogan lo sport agli sportivi, intervennero solo quando era in gioco l'interesse del Paese. Come per le Olimpiadi di Cortina.
Vittorio Pierobon
(vittorio.pierobon@libero.it)
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