Zaia e il presidente un Appiani di troppo

Venerdì 24 Luglio 2020
IL CONFRONTO
TREVISO Renato Sartor, storico segretario generale della Fondazione Cassamarca e per due decenni fidatissimo braccio destro di Dino De Poli, nel suo libro Testimone Oculare (Piazza Editore) ha sottolineato che l'allora presidente di Ca' Spineda e Luca Zaia avevano caratteri «troppo diversi» per poter andare d'accordo. Il governatore non la pensa però proprio allo stesso mondo. Parla anzi di caratteri forti, troppo simili. Il risultato però è lo stesso: tra i due le scintille non sono mai mancate. Ma oltre le schermaglie dalle rispettive posizioni, c'è stata una stima sincera. Zaia ricorda: «De Poli sapeva apprezzare la gente che valeva, anche se era un avversario. E questo è sempre stato un suo grande merito». Una sorta di onore delle armi nei confronti di un personaggio straripante con cui, per anni, i rapporti sono stati a dir poco altalenanti.
I DUELLI
Se gli incroci tra De Poli e Giancarlo Gentilini erano fiammeggianti ma tutto sommato innocui, quelli con Zaia sono sfociati a volte in vere e proprie battaglie. Quando era presidente della Provincia, Zaia per due volte ha sfidato l'autorità indiscussa di De Poli. La prima occasione ha fatto storia: alla scadenza naturale del contratto, decise di togliere a Fondazione Cassamarca la gestione della Tesoreria dell'ente. De Poli non la prese bene e non si limitò alle solite, taglienti, battute. Ma trascinò la Provincia in una battaglia legale che poi però vide Zaia uscire vincitore alla distanza. Ma anche questa fu solo una schermaglia. La vera guerra fu quella scoppiata attorno alla Cittadella delle Istituzioni dell'Appiani. La Provincia doveva essere l'ente più importante a trovare la sua nuova sede nel mega complesso che l'archistar Mario Botta stava progettando. Zaia era anche d'accordo, aveva visto i progetti, era convinto. Ma tutto crollò al momento delle firme: Zaia chiedeva che Fondazione partecipasse a un regolare bando per proporre la nuova sede a un ente pubblico; De Poli era invece convinto che tutta questa burocrazia non servisse. Pareri legali su pareri legali non portarono a nulla. Alla fine Zaia decise di cambiare: niente Appiani, acquistò invece il Sant'Artemio trasformandolo nella sede/parco della Provincia. Tra lui e De Poli c'era ormai un solco insuperabile, allargato dalle critiche che Zaia ha sempre rivolto alla gestione di Fondazione. Il governatore, per esempio, ha riconosciuto l'importanza di aver riportato a Treviso l'università ma ha anche sempre chiesto conto delle risorse perchè i soldi della Fondazione «sono i risparmi dei trevigiani», ha ripetuto più volte e in tutte le occasioni. Ma tutto si poteva dire a De Poli, tranne che come gestire le risorse che aveva a disposizione.
«MA HA FATTO TANTO»
«Anche nei momenti di maggiore tensione, il dialogo tra noi non è mai mancato», ricorda oggi il governatore. Che concede a De Poli un posto di rilievo della storia trevigiana: «Con De Poli nella Marca si è inaugurato quello che lui stesso definiva il nuovo corso dell'Umanesimo Latino' e gli va riconosciuto di aver investito sul polo universitario e sul recupero di siti culturali. De Poli ha scritto una pagina fondamentale per quel che riguarda la formazione accademica, ma anche per tutto il settore della Cultura. Basti ricordare il tema del Teatro Eden e del Teatro Comunale, restaurati dalla Fondazione sotto la sua guida. Infine, non è stata secondaria la sua grande attenzione ai fattori ed ai contesti identitari e di tipicità del territorio. Rimarrà nella storia di questa città».
Paolo Calia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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