Salgareda, caccia al rifugio del boss «Messina Denaro è stato da noi?»

Giovedì 21 Novembre 2019
Salgareda, caccia al rifugio del boss «Messina Denaro è stato da noi?»
IL REPORTAGE
SALGAREDA «Qui di gente ne gira tanta, vai a sapere chi c'è o non c'è». Claudio Castelvini si strofina le mani sulla traversina da cuoco. Esce dalla cucina dell'albergo-ristorante Montagnola di Campo di Pietra, frazione di Salgareda. Ha appena letto su Il Gazzettino che, forse a non molta distanza da lui, per un certo periodo si è nascosto il boss dei boss, Corrado Messina Denaro, il capo della mafia dopo l'uscita di scena di Totò Riina. Notizia che, a Salgareda, si è diffusa come un lampo. Ne parlano tutti. «Ospitato in una cantina dalla facciata gialla. No, scusate: ma dovete essere precisi. Quale cantina?», si domanda un cliente del ristorante proprio sull'uscio. Claudio, dal canto suo, allarga le braccia: «Magari è anche vero che sia stato qui, non dico mica di no. Di certo noi non ci siamo accorti di niente. Abbiamo tanti operai da ogni regione che lavorano nelle aziende qui attorno. Tanti operatori. Forse qualcuno che si nasconde c'è anche, perchè no? Quella di Messina Denaro è comunque una cosa clamorosa. Qui, a Salgareda. Incredibile...».
TRANQUILLITÀ
L'ombra del boss un po' d'inquietudine la getta. I fatti raccontati dal collaboratore di giustizia Emanuele Merenda risalirebbero al 2014 quando, per un periodo non molto lungo, il capo dei capi, ricercato da 20 anni in tutta Italia, avrebbe trovato riparo in una cantina dalla facciata gialla. E questo dettaglio scatena il panico nelle aziende vinicole della zona che, particolare non secondario, rappresentano la colonna portante dell'economia del comune. Campi e vigne si estendono a perdita d'occhio. «Il problema - dice il sindaco Andrea Favaretto che dalla mattina presto risponde a chi gli chiede notizie del boss - è che qui le cantine sono tante, almeno una trentina. E moltissime di colore giallo». Comprensibile quindi l'agitazione nell'osteria-cantina Molon, un'istituzione a Ponte di Pietra in cui qualche muro giallo si vede anche della strada: «Bisogna essere precisi - sottolinea la titolare - se si parla di una cantina, bisogna dire quale. Altrimenti non va bene. Oggi tutti mi chiedono solo di questo». Il sindaco la guarda sorridendo. Offre un giro di prosecco per tutti e racconta un aneddoto: «Sa che a Salgareda non è la prima volta che si parla del passaggio di personaggi molto noti? Per tanti anni il capo delle guardie papali del Vaticano è stato uno di Salgareda. E si dice che per ben due volte Papa Giovanni Paolo II abbia dormito qui. Sarà vero? ». Sacro e profano si mescolano: il Papa è un capo sanguinario della mafia non possono stare sullo stesso livello. Ma di certo alimentano le chiacchiere davanti a un buon bicchiere di vino, che qui non manca mai.
IL MISTERO
Le parole di Merenda vengono lette e commentate. Il pentito dice che ad ospitare il boss sarebbe stato Vincenzo Centineo, 70 anni, origini palermitane, coinvolto nell'inchiesta che ha scoperchiato le infiltrazioni mafiose ad Eraclea, comune del litorale non molto distante da qui. In paese lo conoscono tutti. È venuto ad abitare a Salgareda trent'anni fa e ha sempre commerciato in auto usate gestendo una concessionaria proprio ad Eraclea. Le tre figlie si sono sposate con ragazzi del luogo e hanno messo su famiglia. E abita ancora qui, in un'altra frazione poco distante, a Candolè. In una bella ex casa colonica di colore...giallo. «Magari Denaro è stato lì», si ipotizza in paese. Supposizioni, argomenti di ulteriore discussione, in realtà nessuno sa nulla. E Guido Galletti, avvocato di Centineo, sottolinea che il pentito Merenda è inattendibile perché mosso da un sentimento di rivalsa nei confronti del suo assistito. «Con tutti gli sforzi che sto facendo per lanciare Salgareda, per invitare turisti, basta una notizia come questa perché tutti parlino di noi - scuote la testa il sindaco - chissà poi se è vero. Magari sì, sarà stato qui sotto falso nome. Ma nessuno sa niente. Del resto, parliamo di un boss».
Paolo Calia
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