«Mi diceva: non hanno prove contro di me»

Venerdì 20 Settembre 2019
«Mi diceva: non hanno prove contro di me»
CISON
«Gli ho chiesto: sei stato tu? Ma Papa non mi ha mai risposto di essere innocente, ha solo detto che non avevano prove su di lui». A parlare è l'uomo che è stato compagno di cella di Sergio Papa nelle prime settimane che il 35enne accusato del duplice omicidio di Loris e Annamaria Nicolasi ha trascorso nel penitenziario di S. Bona dove si trova tuttora in custodia cautelare. Isolato dagli altri reclusi che non lo vedono di buon occhio, preoccupato di essere ascoltato in cella, paranoico. Così lo descrive il detenuto ieri mattina mentre testimoniava nel corso dell'udienza del processo in cui Papa deve difendersi dall'accusa di duplice omicidio volontario per la mattanza avvenuta all'alba del 1 marzo del 2018.
LA TESTIMONIANZA
«Ero in cella con lui e altri detenuti - ha spiegato - ed ero anche l'unico che aveva un po' di confidenza con Sergio e mi dispiaceva per la sua situazione perché gli altri detenuti non lo trattavano bene e non lo guardavano di buon occhio, per il reato di cui è accusato e per il suo comportamento paranoico. Era ossessionato dal fatto che dentro alla cella ci fossero delle microspie e per questa ragione quando abbiamo iniziato a parlare della sua situazione mi faceva segno con il dito sulle labbra di stare zitto e scriveva bigliettini». «Sei stato tu?» avrebbe chiesto il compagno di cella a Papa riferendosi alla mattanza di Rolle. «Non hanno prove», la risposta del 35enne. «Non ha mai detto che lui non c'entrava nulla con quel delitto - ha puntualizzato il teste - mi rispondeva con dei bigliettini scritti e poi, dopo che li avevo letti, buttava via tutto dentro al wc. Non l'ho mai sentito dire di essere innocente».
IL CONFRONTO
Un altro passaggio importante, non solo per l'udienza di ieri (sospesa per un lieve malore del legale di Papa, l'avvocato Alessandra Nava, e rinviata al prossimo 3 ottobre) ma per tutto l'esito processuale è senza dubbio il confronto a distanza fra i carabinieri del Ris di Parma che hanno effettuato i test che hanno rilevato il dna di Papa sotto un'unghia di Annamaria Nicolasi e Solange Ciglieri, genetista forense presso l'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Trieste e consulente della difesa. Per il Ris dal prelievo sulla superficie interna e profonda dell'unghia della mano sinistra della signora Nicolasi emerge un profilo genetico maggioritario dell'indagato e un profilo minoritario della vittima e questo nonostante l'unghia appartenesse alla donna. Stando quanto ha riportato durante la sua deposizione uno dei carabinieri delle investigazioni scientifiche che ha esaminato i campioni alla ricerca di tracce biologiche «l'esperienza così come la letteratura scientifica ci dicono che quando la quantità di dna che si trova sotto le unghie presenta uno sbilanciamento con il materiale genetico della vittima significa che il contatto fra le persone deve essere stato molto intenso». E' un colpo alla tesi della contaminazione accidentale sostenuta dalla difesa. «Escludo - ha detto il maresciallo del Ris - che questo dna possa essere dovuto a un trasferimento di materiale genetico per contatto comune».
LA DIFESA
Ma alle ipotesi dell'accusa secondo cui quel ritrovamento è un indizio del fatto che Annamaria Nicolasi abbia tentato di difendersi da Papa, ha ribattuto poco dopo la consulente della difesa. «Non si possono fare delle supposizioni, non sappiamo di che materiale si trattasse, il dna potrebbe essere anche presente per effetto di un contatto secondario. La quantità è alta per noi genetisti ma è come se si trattasse di una goccia di acqua fra altre 10 milioni. Per farcelo arrivare sotto l'unghia potrebbe essere stato sufficiente un contatto casuale, come ad esempio grattare una macchia con un dito o aver preso in mano un mozzicone di sigaretta». Sulle metodologie usate per i test, che secondo il legale di Papa non avrebbero rispettato i protocolli e quindi sarebbero nulli, il perito di parte ha spiegato che «ci sarebbe da approfondire il test sui profili di dna misti, perché è stata fatta solo un'analisi. Andavano invece svolte le repliche degli esami, così come chiedono le linee guida. E le unghie avrebbero dovuto essere tenute separate e catalogate, mentre sono state conservate prima dei test tutte insieme nello stesso involucro».
Denis Barea
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