LA POLEMICA
TREVISO Stagione finita, punto. Per lo sci lo stop fino al 5 marzo

Martedì 16 Febbraio 2021
LA POLEMICA
TREVISO Stagione finita, punto. Per lo sci lo stop fino al 5 marzo significa di fatto salutare il 2020-2021 e darsi appuntamento, forse, al prossimo anno. Ma per le aziende collegate del cosiddetto sportsystem, centinaia di piccole e grandi realtà che puntano a recuperare e valorizzare la memoria storica del distretto omonimo e che si sono costituite a sistema per affrontare le sfide dei nuovi mercati, è una catastrofe. Che comincia non da oggi ma che affonda la sue radici nello tsunami che ha travolto l'economia mondiale la passata primavera. «Quando le imprese cinesi sono andate in lockdown -spiega Patrizio Bof, presidente dell'associazione- tutto il settore dello sci ha subito un contraccolpo non da poco. Perché se le produzioni di qualità si trovano ancora in Italia o in altri Paesi europei, la fascia mediana viene quasi tutta prodotta nel colosso orientale. Parliamo di circa il 42% dell'intera produzione. Il dato riferito a quest'anno può solo peggiorare la situazione: siamo in una situazione di totale incertezza, il consumatore viaggia con il freno a mano tirato: un'apertura a stagione finita può indurre al noleggio, non certo all'acquisto di nuovo materiale. Il risultato? Magazzini pieni, merce pagata in ritardo e il 5% delle nostre imprese di medie dimensioni che rischiano o la chiusura o di passare di mano a soggetti imprenditoriali stranieri. Il che, comunque la si veda, rappresenta un impoverimento del nostro tessuto produttivo e una perdita in termini di know-how».
I NUMERI
Il settore, che vale all'incirca 600 milioni di euro, registra fatturati che fanno segnare un meno 45-50%. «Diciamo subito che l'intervento da parte dello Stato -prosegue Bof- ha riguardato quasi esclusivamente la cassa integrazione, che è stata adottata ormai dal 90% delle nostre imprese. I cali nei volumi d'affari si vedono tutti nell'adesione alla cassa straordinaria ma c'è un altro fenomeno che preoccupa non poco ed è il ritardo nei pagamenti dei rivenditori. Abbiamo ampiamente superato ormai i 120 giorni, che vuol dire essere fuori con i termini. Tanti non hanno ritirato la merce che avevano ordinato per mancanza di clientela a cui vendere, moltissimi chiedono enormi dilazioni sui pagamenti. È una situazione che si sta facendo insostenibile e per la quale chiediamo al Governo di intervenire urgentemente, pena dei gravi contraccolpi in tema di tenuta del tessuto d'impresa e soprattutto occupazionale».
I PRODOTTI DI NICCHIA
Il settore, che ha registrato le più significative contrazioni nella produzione degli scarponi di sci, segna però il bello per quanto riguarda prodotti di nicchia, come quello dello sci-alpinismo e dei materiali che permettono di vivere di montagna a più stretto contatto con la natura. «Le ciaspole ad esempio -conclude il presidente dello Sportsystem- hanno avuto un incremento esponenziale, così come l'attrezzatura per lo sci-alpinismo. In fondo si tratta dei due modi, per quanto tra loro molto diversi, che ci sono rimasti per godere della montagna d'inverno. Questo però non attenua la brusca frenata delle produzioni per così dire classiche. E la situazione non è rosea neppure per il prossimo anno: sono infatti troppi i se e i ma che pesano come macigni sul nostro comparto che, senza un intervento fatto di veri ristori, entrerà in una crisi lunga e profonda».
DURE REAZIONI
L'improvvisa chiusura ha provocato reazioni piccate dal mondo politico ed economico.
«Non si possono adottare simili provvedimenti poche ore prima dell'apertura: significa essere incoscienti o non sapere come funziona un'impresa». Mario Pozza, presidente della Camera di commercio di Treviso e Belluno, si fa portavoce del disappunto -per non dire della rabbia- degli operatori del comparto per il rinvio della riapertura degli impianti sciistici almeno fino al 5 marzo. Un prolungamento della chiusura arrivato domenica sera, su indicazione del Comitato tecnico scientifico, quando in molte località i gatti delle nevi erano già in azione per preparare le piste per il giorno dopo. «Il problema è proprio nel metodo -ribadisce Pozza- la salute viene prima di tutto, ma una simile misura non può arrivare con il favore delle tenebre, poco prima dell'apertura, quando si stava lavorando per la preparazione definitiva delle piste e gli alberghi avevano già ricevuto le forniture e richiamato il personale. Le nostre imprese hanno bisogno di certezze». L'assessore regionale Federico Caner condivide appieno l'amarezza, ma si dice convinto si sia trattato di «un incidente di percorso, dovuto alla fase di transizione con il vecchio governo». «Se avessero detto che la stagione non sarebbe ripartita -nota- almeno non si sarebbero create illusioni e si sarebbero potuti chiedere immediatamente i ristori. Il presidente Luca Zaia aveva già emanato l'ordinanza per posticipare l'apertura il 17, proprio perchè volevamo prevenire eccessivi affollamenti in occasione delle festività di fine Carnevale. Il nuovo ministero del Turismo con portafoglio è un segnale importante: so che il ministro Garavaglia ha già preso in mano la questione dei ristori».
Denis Barea
Mattia Zanardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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