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TREVISO Inutile girarci intorno: la questione vera sono i soldi. Quelli

Sabato 16 Gennaio 2021
IN CITTA'
TREVISO Inutile girarci intorno: la questione vera sono i soldi. Quelli che entrano, una miseria, e quelli che escono, tanti fra affitto, spese per il personale, tasse per la spazzatura e prelievi dello Stato, un ginepraio fatto di contributi e anticipi Iva a cui Roma, crisi o non crisi, non ha rinunciato. E i ristori, briciole li definisce chi ieri ha partecipato al flashmob #ioapro, organizzato da Treviso Imprese Unite con la benedizione di Confesercenti e il gruppo Fipe di Confcommercio, sono stati una goccia nel mare.
IL FLASH MOB
Alle 20 di ieri sera è andata in scena la protesta, più virtuale che altro, con tavoli apparecchiati nei ristoranti, che possono vendere solo per asporto, e bar, anche questi inchiodati al delivery, con le vetrine accese. Da Toni Del Spin allo Shiraz, da TvBurgher alla pizzeria Zeus, passando per il Bar San Vito, la locanda S. Tommaso, la trattoria Hesperia, la Cantinetta e il l'osteria Arman, è stato tutto un accendere le luci, come a dire anche noi ci siamo. I clienti, quelli sono rimasti fuori, in diligente ottemperanza alle norme e ai divieti, duri con chi sgarra (da 400 a 1.000 euro) e durissimi con i locali, che possono andare incontro alla chiusura. «La realtà -spiega Dania Sartorato, presidente di Fipe-Confcommercio della provincia di Treviso- è sotto gli occhi di tutti. Tutti i bar e i ristoranti, indipendentemente dalle sigle delle associazioni o dei sindacati cui aderiscono, sono esasperati da questo lungo periodo di sacrifici, fatto di poca chiarezza e decreti fisarmonica. Fipe condivide in pieno le ragioni della protesta».
IL CAPITOLO RISTORI
Ostaggi dell'Italia a fasce colorate, per i baristi il flash mob arriva se possibile in ritardo di qualche giorno. «Adesso che siamo arancioni -spiega Andrea Penzo Aiello- non possiamo che adattarci. Ma in zona gialla la limitazioni ai bar non avevano molto senso: eravamo infetti solo dalle 18 in poi? Il punto vero è che adesso ci aspettiamo degli indennizzi veri. Ci è stato promesso che i nuovi ristori verranno fatti sulla base delle perdite nei prImi 6 mesi dell'anno passato. Ma di cifre non si parla».
Per capire in che situazione stiano invece i ristoratori basta entrare da Toni del Spin. «Sapete quanto ha battuto oggi? 76 euro -dice il proprietario Alfredo Sturlese- a fronte di spese che, tra stipendi delle 15 persone a libro paga, fornitori, affitto e tasse non procastinabili ammonta a 70mila euro al mese. L'anno scorso, per colpa della pandemia, abbiamo accusato una flessione del fatturato di oltre mezzo milione di euro. La verità è che dovevano lasciare i ristoranti lavorare la sera e gli eventuali ristori che ci sarebbero spettati darli ai bar, dove la situazione è stata meno controllata sotto il profilo sanitario, che andavano chiusi. Quanto resistiamo in queste condizioni? Un mese, poco più. Poi sarà la volta di ammainare la bandiera». «Resiste -dichiara Mauro Rubinato, uno dei due titolari del TvBurgher di Porta S. Tommaso- chi in passato ha fatto la formichina. Chi invece non ha voluto o potuto risparmiare, perché per esempio preso dalle molte spese che aprire una attività comporta, rantola e affanna. È circa un anno che garantiamo a chi lavora con noi lo stesso stipendio. Ma con le nuove regole e il delivery, che copre forse il 25% del fatturato, non so per quanto tempo potremo tirare avanti». Contiamo su qualche cliente che ci fa le ordinazioni anche 5 volte alla settimana. La gente normale è evaporata. Roba da fame».
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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