IL CASO
VILLORBA «Voleva impormi i precetti della sua fede integralista,

Venerdì 6 Dicembre 2019
IL CASO
VILLORBA «Voleva impormi i precetti della sua fede integralista, non potevo frequentare nessuno e vestirmi come le altre donne. Io mi sono opposta e lui allora ha iniziato a picchiarmi. Così è andata in macerie la nostra famiglia». Nella vicenda che ha portato alla fine del suo matrimonio c'è il succo del processo di radicalizzazione di Florian Saraci, il 32enne albanese espulso a seguito di una indagine contro il terrorismo condotta dalla Digos di Venezia e da quella di Treviso. «Ho riscoperto il Corano, ho ritrovato Dio» disse l'uomo nel 2016. Ma l'Islam che abbraccia è quello più estremista e marcatamente fondamentalista. La metamorfosi investe come un uragano i rapporti familiari e a farne le spese saranno la ex moglie, una connazionale 28enne, e la figlioletta della coppia, che al tempo dei fatti ha solo tre anni. «All'improvviso - racconta la donna - io dovevo sottostare alla sua volontà. Mi diceva che le cose funzionavano così perché lui era l'uomo, la figura dominante nella famiglia. Se ribattevo mi prendeva a schiaffi, anche davanti a nostra figlia. Poi ha iniziato anche a colpirmi con dei calci e a tirarmi per i capelli. Era molto aggressivo, i nostri rapporti si sono deteriorati per quello».
L'ARRESTO
I due decidono di separarsi e all'inizio le cose sembrano andare bene: lei va a vivere a casa dei suoi genitori che abitano a Povegliano, lui rimane nella casa di Villorba. Saraci vede regolarmente la figlia e pare aver accettato la decisione della donna ma poi ricominciano violenze e minacce e lei presenta una prima denuncia per maltrattamenti. Il prossimo 18 dicembre il 32enne espulso dall'Italia avrebbe dovuto presentarsi davanti al giudice per l'inizio del processo. In realtà un procedimento penale l'albanese lo ha già affrontato. Nel febbraio dell'anno scorso era stato condannato a 1 anno senza la sospensione condizionale per stalking verso la ex moglie. Dieci giorni fa la Corte d'Appello ha confermato la sentenza, dando però il beneficio della condizionale. «A ottobre del 2017 - spiega la 28enne - l'ho lasciato andando a vivere dai miei. Il clima in casa mia si era fatto intollerabile, lui voleva persino impedirmi di vedere la mia famiglia. Dopo poco è iniziato un nuovo inferno: mi seguiva, faceva appostamenti sul luogo di lavoro, mi ha minacciato varie volte di morte». Come il 14 luglio del 2018 quando lei esce dal lavoro e si ferma a parlare con una amica e collega che stava per andare in congedo di maternità e con il suo compagno. Florian Saraci vede tutto e poi scatta l'aggressione. «Dopo aver salutato gli amici sono entrata in auto; lui era nascosto ad aspettarmi, mi sono sentita tirare per i capelli e mi ha urlato che non avrei più dovuto fare una cosa del genere. Era ossessionato dal fatto che io non fossi una buona musulmana, non sopportava che io lavorassi e fossi indipendente e non voleva in alcun modo che io vivessi e vestissi all'occidentale. E poi quei messaggi orribili: sms e telefonate in cui mi chiedeva se avevo soddisfatto i miei clienti, dandomi della prostituta. Diceva che non sarebbe morto senza prima avermi ammazzato, che sarei rimasta per strada, che dovevo stare senza trucco perché solo le donnacce si truccano o mettermi il profumo e che se ne avessi indossato mi avrebbe lasciato paralizzata». Ma soprattutto non poteva sopportare l'idea che lei si potesse rifare una esistenza. «Che Dio mi fermi - le scrive un giorno via sms - se ti trovo con altra gente io ti sgozzo». La fine dell'incubo arriva solo quando nei suoi confronti il gip di Treviso dispone la custodia cautelare in carcere. Durante il processo per stalking Florian Saraci ha chiesto scusa alla ex, che è stata anche risarcita. Ho capito di aver sbagliato ha detto al suo difensore, l'avvocato Simone Marian.
LE INDAGINI
Su Saraci però ha già puntato la lente d'ingrandimento la Digos distrettuale di Venezia, che dal 2017 si è accorta del percorso di radicalizzazione seguito dal 32enne, che da quel periodo comincia a frequentare un'associazione straniera del Veneziano e in particolare un imam, al quale si lega molto. Si fa crescere la barba e abbraccia, secondo gli investigatori dell'antiterrorismo, le teorie più radicali dell'islam salafita. Anche al lavoro notano quel netto cambiamento: il 32enne si isola come mai aveva fatto prima, evita il contatto con le donne, e i rapporti con i colleghi che professano altre fedi si fa più difficile. Contemporaneamente si disfa anche il rapporto con la moglie, con la quale si dimostra violento e aggressivo. La condanna in primo grado per stalking confermata dalla Corte d'Appello di Venezia spalanca la strada all'espulsione, ritenuto a questo punto pericoloso per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica. È il prefetto di Treviso a firmare l'espulsione del cittadino albanese, al quale l'ufficio immigrazione della questura revoca il permesso di soggiorno. L'attività istruttoria a quel punto è rapidissima: da un lato c'è la condanna per le violenze nei confronti della moglie, dall'altra il percorso di radicalizzazione su cui ha fatto luce la Digos lagunare in collaborazione con quella di Treviso. E così, mercoledì sera, Saraci è stato imbarcato con un volo di sola andata per Tirana, Albania.
Denis Barea
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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