Donna morta di Mucca pazza Benazzi: «Non c'è alcun allarme»

Venerdì 21 Settembre 2018
LE REAZIONI
TREVISO «Non devono esserci allarmismi. Abbiamo avuto un singolo caso. Ci dispiace immensamente. Ma questo non deve mettere paura a nessuno». Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl della Marca, invita alla calma dopo il caso della 60enne che abitava alle porte di Treviso morta al Ca' Foncello a causa di un morbo della famiglia della Mucca pazza. La donna era stata ricoverata a luglio nell'unità di Neurologia diretta da Marco Bonifati. Si era rivolta all'ospedale per quella che sembrava una forma di demenza senile. Aveva vuoti di memoria e faticava a rispondere alle domande. Il tutto nel giro di pochi mesi. Una cosa inspiegabile. Dagli esami approfonditi è emersa la terribile diagnosi: non si trattava di demenza, ma degli effetti sul cervello del morbo di Creutzfeldt-Jakob. Una malattia neurodegenerativa molto grave, che ha appunto tra le varianti anche la cosiddetta Mucca pazza, l'encefalopatia spongiforme bovina, che non lascia scampo. E pochi giorni fa il suo cuore ha smesso di battere.
L'ANALISI
«Il quadro clinico era già molto precario fa il punto il direttore generale le verifiche hanno messo in evidenza che dietro c'erano altre patologie che hanno portato a una compromissione complessiva». La donna è stata colpita da una forma sporadica di encefalopatia spongiforme. Il tessuto cerebrale aveva assunto il classico aspetto a spugna, con buchi e accumuli di proteine. A livello mondiale l'incidenza di questa malattia rara si attesta su un caso all'anno ogni milione di persone. Senza distinzioni particolari tra gruppi etnici e condizioni di vita.
LA MALATTIA
I contorni del morbo di Creutzfeldt-Jakob sono ancora piuttosto oscuri. Non si sa con precisione cosa faccia insorgere l'encefalopatia spongiforme. Non si conosce il tempo di incubazione. E, soprattutto, non esiste una cura. A livello clinico, l'unica cosa certa è che la moltiplicazione di alcune proteine impazzite nel cervello portano alla degenerazione dei neuroni e al collasso del sistema nervoso. Quindi alla morte. Tutto è dovuto ai Prioni. «Si parte da una proteina che abbiamo tutti ha spiegato il primario della Neurologia del Ca' Foncello ma in qualche paziente, non si sa perché, si crea un meccanismo di replicazione dei Prioni, che si moltiplicano come quasi come un virus, cambiano forma e danno vita a un effetto domino. Alla fine tanti altri Prioni cambiano forma e si accumulano nei neuroni, che vanno incontro a una degenerazione. Il passo successivo è la morte cellulare. È così che si sviluppa l'encefalopatia spongiforme».
LA RASSICURAZIONE
Ciò che è sicuro è che non ci sono possibilità di contagio. E che l'encefalopatia sporadica, questa forma, almeno, non è legata al consumo di carne bovina. Le abitudini alimentari non sembrano essere determinanti. «Per quanto riguarda le forme sporadiche, la carne non c'entra assicura Bonifati non è mai stato dimostrato che l'insorgere di questa malattia sia legato al consumo di carne o ad altre abitudini alimentari. Di conseguenza non c'è alcun rischio di contagio».
IL MINISTERO
Dopo il decesso della 60enne, alla Neurologia del Ca' Foncello non è rimasto che segnalare il caso al ministero della Salute. In queste situazioni bisogna seguire un protocollo molto stringente. L'obiettivo è quello di tenere costantemente monitorato l'andamento del morbo. Se non altro per verificare che non ci siano picchi anomali rispetto alla normale incidenza della malattia rara. Il sistema di sorveglianza sulle encefalopatie è stato adottato praticamente in tutta Europa. È stata una delle prime risposte alla diffusione dell'epidemia di encefalopatia spongiforme bovina, il cosiddetto morbo della Mucca pazza, questo sì legato al consumo di carne infetta, registrata in Inghilterra a partire dal 1996.
Mauro Favaro
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