L'ALLARME
PADOVA I negozi con le serrande abbassate, i tavolini dei bar semi

Giovedì 28 Maggio 2020
L'ALLARME PADOVA I negozi con le serrande abbassate, i tavolini dei bar semi
L'ALLARME
PADOVA I negozi con le serrande abbassate, i tavolini dei bar semi vuoti, nessun via vai di studenti in bicicletta, pochi passanti lungo il Piovego. Un silenzio cupo avvolge il Portello: è la crisi all'ombra dell'università «chiusa». L'emergenza Coronavirus ha svuotato l'intero quartiere, mettendo in ginocchio i commercianti. E i titolari di copisterie, librerie, bar ma anche di tavole calde e pizzerie si sono uniti per lanciare il loro grido d'allarme alla politica e alle istituzioni. Con una lettera indirizzata al governatore Luca Zaia settanta esercenti chiedono di ripopolare al più presto le aule studio e i corridoi dell'ateneo per consentire la ripresa delle attività nella zona universitaria.
«Una comunità di cittadini, di lavoratori, di persone chiedono solo di poter ricominciare a vivere dichiarano Valentina e Marco Stecchini, entrambi portavoce della protesta e titolari dell'omonima copisteria - La notizia della ripresa delle lezioni tra molti mesi e in forma ridotta è come una bomba sganciata su delle costruzioni già pericolanti. Molte realtà sono legate in grandissima parte al mondo universitario. E queste, senza gli studenti, non potranno sopravvivere. Ci rendiamo perfettamente conto che il problema sanitario c'è, e che la salute è il bene da tutelare al di sopra di tutto, ma anche il lavoro è un bene prezioso e insostituibile. Dietro al mondo degli studenti, dietro all'Università non ci sono solo aule e banchi. Ci sono persone che vivono, che lavorano e che hanno il diritto e il dovere di continuare a farlo».
La richiesta è di aprire al più presto un dialogo. «Chiediamo la possibilità di rimboccarci le maniche aggiungono i titolari della copisteria Stecchini - come ogni cittadino veneto ha sempre fatto quando ce ne è stato bisogno. C'è la necessità di trovare soluzioni per non condannare al degrado interi quartieri tenuti in vita solo dagli studenti e dalle attività a loro legate. Il Veneto non è fatto solo di fabbriche e turismo, ma anche di piccoli imprenditori e dei loro collaboratori che fanno sacrifici ogni giorno».
Una delle zone più colpite è senza dubbio quella tra via Gradenigo e via Ugo Bassi, dove molti esercizi commerciali sono a rischio fallimento. Come la libreria Progetto, uno dei punti di riferimento storici per l'acquisto di libri universitari di tutte le discipline. «Abbiamo oltre 200 mila euro di debiti e siamo senza liquidità racconta con difficoltà uno dei soci, Denis Giolo - In marzo a causa del lockdown abbiamo perso 550 mila euro di fatturato considerando tutti e tre i punti vendita: stiamo lavorando in quattro su undici, perché sette dipendenti sono in cassa integrazione. Siamo stati costretti a chiudere temporaneamente un negozio perché non ce la facciamo a sostenere le spese. Io e gli altri ci arrangiamo a fare un po' di tutto: stiamo dietro al bancone, ci occupiamo delle consegne, cerchiamo di gestire la parte amministrativa. Lì fuori si parla di crisi, ma la gente non si rende conto della realtà, di cosa sta accadendo. Non mi vergogno a dirlo: in 15 anni abbiamo sempre pagato regolarmente l'affitto ogni mese, da gennaio a marzo abbiamo saltato un canone su tre e ci è arrivata immediatamente la lettera dall'avvocato del titolare della palazzina. Gli interventi da parte del governo tardano ad arrivare, non bastano e comunque sono generici continua Giolo Ogni attività è diversa e ha i suoi problemi. Nemmeno le librerie sono tutte uguali: noi non siamo paragonabili a chi vende libri vari. Abbiamo molti volumi fermi da pagare, in genere abbiamo diritto di reso con gli editori ma a causa della crisi non sono disposti a riprenderseli tutti». Altro punto di riferimento per gli universitari è il bar Tre scalini, locale storico del 900 con vista sui Navigli. «Stiamo lavorando al 10% del normale afferma Alessandro Chiarotto - senza studenti siamo come una cattedrale in mezzo al deserto. Di sei dipendenti, cinque sono in cassa integrazione. Teniamo solo una persona a rotazione. Tra sanificazione e mascherine dobbiamo anche sostenere costi in più. Voglio fare una nota di merito, i ragazzi stanno attenti: si distanziano da soli e usano sempre la mascherina».
Elisa Fais
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