Droga e 'ndrangheta, sgominata rete internazionale, 36 arresti, anche a Vicenza: sequestrate 4 tonnellate di coca

E' di 800 milioni al dettaglio il valore dello stupefacente trovato dalle Fiamme gialle. Confisca di beni e liquidità per 7 milioni e dell'intero patrimonio aziendale di due imprese di trasporti

Giovedì 6 Ottobre 2022 di Redazione Web
Anche a Vicenza l'operazione, partita dal sud, della Gdf su traffico di droga e 'ndrangheta
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VICENZA - Anche a Vicenza è scattata l'operazione della Guardia di Finanza che questa mattina sta eseguendo, in diverse province, provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti di 36 persone (34 in carcere e 2 ai domiciliari) coinvolti in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravato dalla finalità di agevolare la 'ndrangheta. Contestualmente, sono in corso perquisizioni e sequestri per dare esecuzione a provvedimenti cautelari reali finalizzati alla confisca, anche per equivalente, di beni e disponibilità riconducibili ai membri dell'organizzazione, fino alla concorrenza dell'importo di oltre 7 milioni di euro, nonché dell'intero patrimonio aziendale di due imprese, attive nel settore dei trasporti e utilizzate per il compimento degli illeciti.

L'operazione costituisce l'epilogo di complesse indagini, nel cui ambito sono state sequestrate oltre 4 tonnellate di cocaina per un valore al dettaglio di circa 800 milioni di euro. All'opera sono trecento militari del comando provinciale della Gdf di Reggio Calabria, con il supporto di altri reparti del corpo nelle varie province italiane. Oltre a Vicenza, i finanzieri conducono l'operazione nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Bari, Napoli, Roma, Terni, Milano e Novara.

Essenziale per il buon esito delle attività investigative, informa la Gdf, si è dimostrato il coinvolgimento delle più importanti istituzioni e agenzie europee ed internazionali dedite al contrasto dei crimini transnazionali.

Le indagini, infatti, per il tramite del II reparto del Comando generale della Gdf sono state realizzate con la collaborazione di Europol e della Dcsa (Direzione centrale per i servizi antidroga), nonché della Drug enforcement administration (Dea) americana.

Nel dettaglio, si legge nella nota, allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità, l’operazione ha consentito di destrutturare una articolata organizzazione criminale, attiva all’interno dello scalo portuale gioiese, che avrebbe garantito tanto il recupero di ingenti partite di narcotico – giunte a bordo di navi cargo provenienti dal Sudamerica - e il successivo stoccaggio presso depositi ritenuti “sicuri”. L’organizzazione, che avrebbe assicurato la logistica del narcotraffico come se fosse una vera e propria società di servizi, era articolata su tre distinti livelli di soggetti coinvolti: esponenti delle principali famiglie di ‘ndrangheta, in grado di garantire l’importazione delle partite di cocaina in arrivo dal Sudamerica; coordinatori delle squadre di operai portuali infedeli che avrebbero retribuito la squadra con una parte della “commissione”, variabile tra il 7 e il 20% del valore del carico, ricevuta dai committenti (le dazioni ricostruite ammonterebbero ad oltre 7 milioni di euro); operatori portuali materialmente incaricati di estrarre la cocaina dal container “contaminato” e procedere all’esfiltrazione dello stesso verso luoghi sicuri.

Dalla minuziosa ricostruzione sarebbe emerso che l’importazione passava sotto la supervisione dei dipendenti portuali coinvolti, i quali si attivavano affinché il container “contaminato” venisse sbarcato al momento opportuno e posizionato in un luogo convenuto. Avuta la disponibilità dello stesso, la squadra di portuali infedeli provvedeva a collocarlo in un’area “sicura” per consentirne l’apertura e, quindi, lo spostamento in un secondo container ritirato, nelle ore successive, da un vettore compiacente e trasportato nel luogo indicato dai responsabili del traffico.

È, inoltre, emerso il coinvolgimento di un appartenente all’Ufficio antifrode dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro (destinatario di misura cautelare in carcere), il quale - al fine di agevolare l’organizzazione criminale investigata - sfruttando le proprie mansioni nell’ambito dei previsti controlli ispettivi, avrebbe alterato l’esito della scansione radiogena operata su un container contenente 300 chili di cocaina, oscurando le anomalie riscontrate e attestando la coerenza della scansione con il carico dichiarato. Per tale comportamento il doganiere avrebbe ottenuto una somma di denaro pari al 3% del valore del carico illecito.

Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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