Coronavirus, odissea per tre viaggiatori veneti a Istanbul tra polizia e voli annullati

Lunedì 2 Marzo 2020 di Roberto Lazzarato
Coronavirus Istanbul
BASSANO-VICENZA. L’effetto coronavirus stava trasformando in un incubo il rientro da un tour in Africa di tre viaggiatori vicentini e uno trentino (ma altri italiani si sono trovati nelle stesse sconcertanti situazioni) domenica all’aeroporto di Istanbul. Partiti per un viaggio in Africa da alcuni giorni, quando in Italia la situazione sembrava ancora sotto controllo, venerdì hanno ricevuto un messaggio dalla Turkish Airlines che il loro volo per il rientro, in programma domenica pomeriggio da Istanbul a Venezia, era stato cancellato. Tramite l’agenzia, dato che causa coronavirus molti voli erano stati soppressi, erano riusciti a prenotare un volo per Milano però il giorno dopo, con forzata sosta a Istanbul di un giorno. Partiti domenica notte dallo stato africano e atterrati nel nuovo splendido aeroporto di Istanbul, dovevano ritirare il bagaglio, trasferirsi in un hotel in città e aspettare il giorno successivo per rientrare in Italia non più a Venezia, ma a Milano. Al controllo passaporti, però, la prima sorpresa: «Italiani non potete uscire dall’aeroporto e non potete ritirare i bagagli». Spediti in un’altra postazione di polizia, dopo aver specificato che arrivavano dall’Africa e non dall’Italia, dalla quale erano partiti dieci giorni prima, è stato loro confermato che non essendo trascorsi 15 giorni (presumibilmente il periodo di eventuale incubazione del virus) non potevano ritirare i bagagli e tantomeno uscire dall’aeroporto per raggiungere l’hotel. Sono stati quindi inviati al desk della compagnia di bandiera dal quale una funzionaria li ha rispediti ad un nuovo controllo passaporti dove, essendosi presentati in postazioni diverse, uno era passato e gli altri tre bloccati. Quando i militari si sono accorti della disparità di trattamento hanno subito fermato il "fortunato" ricongiungendolo agli altri malcapitati con ramanzina all’incauto controllore. Nel frattempo l’incaricata della Turkish con il traduttore del cellulare, dopo aver parlato con i poliziotti, faceva leggere nel display al quartetto che avrebbero dovuto passare il controllo della polizia, forse anche un controllo sanitario, che non potevano ritirare il bagaglio, che forse anche l’aereo per Milano del giorno dopo non sarebbe partito. Rispediti per la quarta volta al checkpoint della polizia che sembrava sovrintendere la sicurezza, con la prospettiva di dover passare qualche giorno rinchiusi in aeroporto, dopo aver rispiegato per l’ennesima volta la situazione, controllato passaporti, biglietti aerei, ticket bagagli, è stato loro rilasciato un messaggio, scritto a mano, in turco, su un pezzo di carta, da consegnare con i passaporti al desk della Turkish. La funzionaria (la stessa che aveva accompagnato i viaggiatori italiani dalla polizia aeroportuale), letto il messaggio, ha invitato i quattro ad aspettare in un angolo ed è sparita. Dopo quasi un’ora di ulteriore vana attesa, non comparendo anima viva, i quattro, esausti, sono ripiombati sul desk della Turkish, con il messaggio della polizia, passaporti, carte d’imbarco, ticket bagagli, rispiegato il tutto ad un nuovo funzionario, il quale, solerte e disponibile, facendo presente che in Italia non sarebbero potuti tornare direttamente perché tutti i voli erano stati annullati, prospettava una soluzione via Lussemburgo. «Magari pure al Polo Nord, pur di uscire da questo incubo», il commento. Così ai quattro è stato rilasciato un biglietto aereo per il Lussemburgo da dove, in nottata, con un altro volo, hanno raggiunto Milano.
Ultimo aggiornamento: 17:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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