Popolare di Vicenza, nessun accordo: parte l'appello per Zonin e manager

Martedì 19 Aprile 2022 di Gianluca Amadori
Gianni Zonin

MESTRE - Nessun patteggiamento per gli imputati finiti sotto accusa per il crac della Banca Popolare di Vicenza. Pubblica accusa e difesa, dopo alcuni contatti preliminari, hanno concluso che non c'è spazio per quello che tecnicamente si chiama concordato, ovvero la rinuncia ai motivi d'appello da parte dei legali in cambio di uno sconto di pena per i rispettivi assistiti, ma anche la certezza di riuscire a concludere il processo in tempi brevi, senza necessità di dibattimento. Ad impedire ogni accordo, a quanto pare, è stata la questione dei risarcimenti milionari rivendicati ai circa 8mila risparmiatori, costituiti parte civile contro l'ex presidente dell'istituto bancario, Gianni Zonin, e gli altri 5 imputati: risarcimenti di cui non vi è certezza. Dunque l'appello si discuterà. L'appuntamento è fissato per venerdì 22 aprile, nell'aula bunker di Mestre, predisposta per l'occasione per ospitare il maxi processo al quale, almeno in occasione della prima udienza, è probabile che decidano di partecipare anche numerosi risparmiatori. L'appello è molto atteso dopo la sentenza di primo grado, emessa dal tribunale di Vicenza nel marzo dello scorso anno, che ha inflitto sei anni e mezzo di reclusione a Zonin, sei anni e tre mesi all'ex vice direttore generale Emanuele Giustini; sei anni ad altri due manager di vertice fino al 2015, Andrea Piazzetta e Paolo Marin. Assolti, invece, perché il fatto non costituisce reato, l'ex consigliere d'amministrazione ed ex presidente di Confindustria Vicenza, Giuseppe Zigliotto, e il dirigente Massimiliano Pellegrini, addetto alla redazione dei bilanci della Popolare di Vicenza ai tempi dello scoppio della grande crisi che ha azzerato il risparmio di 118mila risparmiatori. In primo grado la pubblica accusa aveva formulato richieste di condanna per complessivi 51 anni di reclusione, 10 anni soltanto per Zonin.
Tutti sono chiamati a comparire di fronte alla Corte presieduta da Francesco Giuliano (giudici a latere Alberta Beccaro e David Calabria): le difese hanno infatti impugnato le quattro condanne mentre la Procura di Vicenza ha presentato ricorso contro le due assoluzioni.

In aula la pubblica accusa sarà rappresentata dal sostituto procuratore generale Alessandro Severi, affiancato dai due pm che hanno condotto le indagini e sostenuto l'accusa nel corso del processo di primo grado, Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori. Non è escluso che nell'udienza di apertura ci sia anche il procuratore generale Federico Prato. Per evitare il rischio prescrizione, la Corte ha definito un calendario serrato di udienze: tre alla settimana, con l'obiettivo di arrivare a sentenza prima dell'estate. Si partirà con la verifica delle notifiche e con il lungo appello di tutte le parti processuali. Quindi sarà la volta della relazione introduttiva, seguita dalla requisitoria dei pm e dalle arringhe di parti civili e difesa.


LE ACCUSE
Le accuse formulate a carico dei sei imputati sono di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. Il tribunale di Vicenza, presieduto da Debora De Stefano, ha deciso nei confronti dei 4 condannati anche la confisca di 963 milioni di euro, pari all'ammontare delle cosiddette operazioni baciate che, secondo i giudici, sarebbero state a conoscenza dei vertici della banca, attuate fino al 2014 per coprire i problemi finanziari dell'istituto e dare un'immagine di solidità che, secondo l'accusa, fin dall'epoca non esisteva più. In sostanza la Popolare di Vicenza concedeva finanziamenti ai clienti se si impegnavano ad acquistare azioni della banca; acquisti effettuati con il denaro erogato dallo stesso istituto. Durante il processo di fronte al Tribunale la difesa ha sostenuto che l'ammontare delle baciate è nettamente inferiore e che in ogni caso non furono queste operazioni - dichiarate non a conoscenza degli imputati - a provocare il crac. Il legale di Zonin, l'avvocato Enrico Ambrosetti, parlò di processo mediatico, condizionato dalla forte pressione dell'opinione pubblica. Tra gli imputati di questa tranche non figura l'ex direttore generale Samuele Sorato, la cui posizione è stata stralciata per gravi motivi di salute.
 

Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 16:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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