VICENZA - Fu legittima la liquidazione coatta amministrativa della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, così come la loro successiva cessione a Intesa Sanpaolo per un euro.
LA VICENDA
Sotto la lente era finito il decreto del 2017 con cui il governo Gentiloni aveva preso atto della grave crisi in cui erano piombati i due istituti di credito. Dopo che la Bce aveva accertato le condizioni di dissesto, e Bankitalia aveva ravvisato la necessità di avviare la procedura concorsuale, l'esecutivo aveva imposto ai commissari liquidatori di cedere al gruppo guidato da Carlo Messina, per «un prezzo simbolico» ricorda la Corte, la società berica e quella trevigiana, «depurate da ogni criticità e compreso il loro avviamento, ricevendo la somma di euro 4,785 miliardi circa a titolo di aiuti provenienti dagli stessi soggetti sottoposti a liquidazione». Per il Tribunale, la misura «avrebbe dovuto gravare sulla generalità dei cittadini e non su una categoria ristretta di soggetti, il cui risparmio risulterebbe integralmente annullato», tanto da configurare «una espropriazione, senza indennizzo, a favore di un soggetto privato per l'esclusivo interesse dello stesso», non prevedendo ristoro per i soci. Questi ultimi sarebbero stati discriminati rispetto a quelli del Monte dei Paschi di Siena, ricapitalizzato «salvando gli azionisti».
IL VERDETTO
Davanti alla Corte Costituzionale, la difesa di Intesa Sanpaolo ha fatto però presente che era stata la stessa Commissione europea a precisare che «dovesse trovare applicazione nella vicenda il principio del burden sharing (condivisione degli oneri, ndr.) degli azionisti e dei creditori subordinati». Ma alla fine la Consulta, pur riconoscendo che l'intervento normativo ha avuto «gravi ripercussioni di rilievo sociale ed economico per persone, famiglie e imprese», reputa inammissibili i rilievi «per assoluta mancanza di motivazione quanto alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza». Intanto per oggi è atteso un altro verdetto sul crac di Bpvi, quello relativo alla posizione dell'ex ad Samuele Sorato.