False fatture, gli affari della 'ndrangheta attorno all'Arena: tre in carcere, sequestri per 9 milioni

L'accusa: conti gonfiati negli allestimenti per l'ente lirico grazie a compiacenze interne: si parla di 150/200 mila euro in più al mese. Il principale indagato è l'imprenditore veronese Giorgio Chievegato, 63 anni

Mercoledì 19 Ottobre 2022 di Gianluca Amadori
False fatture, affari della ndrangheta attorno all'Arena di Verona

VERONA - Un vorticoso giro di false fatture i cui proventi sarebbero finiti a beneficio di aziende riconducibili ad esponenti della 'ndrangheta, operanti tra VenetoEmilia Romagna e affiliati alle cosche calabresi Grande Aracri e Arena-Nicoscia.
La Procura antimafia di Venezia, con l'ausilio di Direzione investigativa antimafia e Nucleo di polizia economico-finanzia di Verona, ha eseguito ieri un'ordinanza di custodia cautelare a carico di quattro persone, nonché il sequestro di beni per un valore di oltre 9 milioni di euro. In carcere sono finiti l'imprenditore veronese Giorgio Chiavegato, 63, amministratore della Eurocompany Group e i calabresi Francesco e Pasquale Riillo, rispettivamente 52 e 56 anni, di Isola di Capo Rizzuto (entrambi già detenuti per un'altra vicenda di ndrangheta), mentre a Pier Domenico Sighele, 75 anni, di Rovereto, uno dei principali collaboratori di Chiavegato, è stato imposto l'obbligo di dimora presso il comune di residenza.
La Procura aveva chiesto l'emissione di una misura cautelare a carico di 19 indagati (tra carcere e arresti domiciliari), ma per 15 di loro il gip ha rigettato l'istanza e dunque le indagini proseguiranno a piede libero. Il pm Giovanni Zorzi contesta a vario titolo reati tributari, con particolare riferimento all'emissione e utilizzo di false fatturazioni, riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dall'aver utilizzato metodi mafiosi per agevolare l'attività della 'ndrangheta.

L'ARENA DI VERONA
Tra le principali vicende finite all'attenzione degli investigatori vi è un consolidato sistema di sovrafatturazione messo in atto dalla Eurocompany Group in relazione a ponteggi ed altri servizi offerti alla Fondazione Arena di Verona, gestore del celebre ente lirico scaligero, che avrebbe pagato somme di molto superiori a quanto effettivamente dovuto (nell'ordinanza si parla di 150-200 mila euro in più al mese) grazie alla «compiacenza di alcuni soggetti interni alla Fondazione», per individuare i quali è in corso uno stralcio dell'inchiesta penale.

MASSIMA PERICOLOSITÀ
Di Chiavegato il gip evidenzia la «centralità e apicalità del suo ruolo nel sodalizio costituito con i suoi principali collaboratori, nonché con soggetti contigui o intranei all'organizzazione mafiosa». Circostanze che, secondo il giudice, delineano la sua «massima pericolosità», analogamente a quella riscontrata nei fratelli Riillo, ai quali viene riconosciuto un ruolo essenziale «nelle condotte di riciclaggio».
Il filone d'indagine concretizzatosi ieri in arresti e perquisizioni tra Veneto, Trentino e Calabria, ha preso il via anche grazie alla collaborazione offerta agli investigatori da Giuseppe Giglio, un tempo uomo della cosca di Grande Aracri, e dall'imprenditore Domenico Mercurio, già implicati in due importanti inchieste che hanno portato allo smantellamento di potenti reti criminali operanti in Veneto, una delle quali affiliata al clan ndranghetista di Antonio Giardino, in relazione ad una serie di reati per i quali il processo è tutt'ora in corso a Verona. Un ulteriore processo, nato da una costola dell'operazione Aemilia e relativo agli affiliati del clan Bolognino, si è già concluso in appello con pesanti condanne, mentre uno stralcio è ancora a giudizio di fronte al tribunale.

PRESTANOME
Gli accertamenti, relativi a fatti che risalgono in gran parte al 2014 e 2015, sono stati condotti attraverso indagini finanziarie, disamine contabili, riscontri incrociati, analisi dei dati antiriciclaggio, riscontri degli obblighi previdenziali sul personale dipendente delle varie società: hanno consentito agli investigatori di raccogliere concreti elementi di contiguità con la ndrangheta in numerose imprese operanti in Veneto, gestite tramite prestanome.

Numerose le fatture contestate come fittizie sarebbero servite, secondo gli inquirenti, a coprire un flusso costante di denaro a favore di imprese con sede in Calabria, rappresentate o riconducibili ad ambienti della criminalità organizzata.

GLI INDAGATI
Sono venti gli indagati nell'inchiesta che rivela l'esistenza di inquietanti rapporti tra aziende venete e la 'ndrangheta. Il principale viene indicato nell'imprenditore veronese Giorgio Chiavegato, 63, anni, titolare della Eurocompany Group, il quale avrebbe gestito attraverso prestanome una rete di società utilizzate per realizzare false fatturazioni e altri reati, con l'obiettivo di creare ricche provviste in nero a società riconducibili ad esponenti dell'organizzazione criminale calabrese. Alcune delle persone finite sotto inchiesta sono uomini di fiducia o semplici dipendenti di Chiavegato. Innanzitutto Pier Domenico Seghele, 70, di Rovereto (Trento), l'unico al quale è stato applicato un obbligo di dimora per aver gestito di fatto alcune cartiere, alcune delle quali formalmente amministrate al fratello Alberto Seghele, 75 (anche lui residente a Rovereto), altre in parte intestate a teste di legno. Per gli altri il gip non ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari: si tratta di Giorgio Meneghelli, 61, Sant'Ambrogio di Valpolicella, tra i collaboratori più vicini a Chiaregato, e il ragioniere Michele Marin, 49, residente a Verona.
Oltre gli imprenditori calabresi Francesco e Pasquale Riillo, 52 e 56 anni, gli altri indagati sono tutti amministratori formali di società: Andrea Longo, 46, di Legnago, Loris Apostoli, 66 anni, Liviano Bertogna, 71, Fausto Grigoli, 48, Matteo Lucchese, 43, Marisa Mantovani, 74, Daniele Manzini, 60, Anna Marcolini, 33, Nicola Pasqua di Bisceglie, 51, Franco Perinelli, 51, Gianluigi Prà, 73, Michele Strina, 62, tutti residenti a Verona. Per il pentito Domenico Mercurio non è stata chiesta alcuna misura cautelare.

Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 20:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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