I Tiepolo, la famiglia protagonista del Settecento

Lunedì 15 Giugno 2020 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
In un secolo il Settecento e in una città Venezia in cui lavoravano i Guardi (coi quali erano imparentati) e Canaletto, Pietro Longhi e Gabriel Bella, emersero con il loro stile inconfondibile e maestoso, tanto da inaugurarne uno, quello dei tiepoleschi. Perché dire Settecento veneziano, in pittura, significa necessariamente fare i nomi di Giambattista e Giandomenico Tiepolo, padre e figlio (con un secondo figlio-fratello, Lorenzo, ugualmente pittore e incisore ma votato a minori fortune).
Veneziano di Castello, Giambattista nacque il 5 marzo 1696 da Domenico Tiepolo mercante di negozi da nave e Orsetta Marangon, ultimo di nove fratelli. Un anno dopo il padre morì lasciando la famiglia in gravi difficoltà economiche. Questo non gli impedì di entrare a bottega da Gregorio Lazzarini, a 14 anni, e cinque anni più tardi dare inizio alla sua carriera dipingendo i cinque soprarchi della chiesa dell'Ospedaletto dei Derelitti. Il talento c'era, e presto gli fu riconosciuto. Per il doge in carica Giovanni II Corner dipinse dei ritratti (compreso quello dello stesso doge), iniziando a lavorare anche ai primi affreschi. Nel 1717, a 21 anni, figurava già nella Fraglia dei pittori veneziani. Due anni più tardi sposò segretamente Maria Cecilia Guardi, sorella dei pittori Francesco e Giannantonio Guardi; un'unione d'amore, destinata a durare più di cinquant'anni, dalla quale nacquero 10 figli, tra cui Giandomenico e Lorenzo Baldissera, che Giambattista fece lavorare come suoi assistenti.
 Da questo momento l'attività di Tiepolo fu irrefrenabile: ville (come villa Baglioni a Massanzago), chiese (a Sant'Aponal come a Vascon, nel trevigiano), palazzi (come Ca' Sandi). Tra il 1726 e il 1729 divise il lavoro tra Udine e Venezia, per commissioni ricevute dai fratelli Dolfin, dedicando le stagioni più calde per le pitture a fresco e quelle più fredde per le tele. Oggi molte opere di questo periodo campeggiano nei maggiori musei del mondo, dall'Ermitage al Metropolitan, al Kunsthistorisches di Vienna. Nel frattempo, il 30 agosto 1727, era nato anche il figlio Giandomenico, che a tredici anni entrò a bottega dal padre.
Giambattista Tiepolo fu un virtuoso: la sua pittura dal tratto leggero e le prospettive negli affreschi lo resero popolarissimo: venne chiamato a Milano e a Bergamo, a Vicenza e a Padova, senza mai rinunciare a tornare a Venezia e lavorarvi per lunghi periodi; nel 1736 si prese il lusso di rifiutare l'offerta di decorare il palazzo reale di Svezia, ritenendo inadeguata la cifra che gli fu offerta. Lo stesso anno nacque il figlio Lorenzo.
Gli anni corsero veloci e l'attività di Tiepolo sembrava inarrestabile: dipinse per la Chiesa di Diessen in Baviera e per quella di Sant'Alvise a Venezia, per palazzo Clerici a Milano e per la basilica di San Lorenzo di Verolanuova; per palazzo Pisani e per villa Cordellina a Montecchio Maggiore, inframezzando la sua attività di pittore con quella di consigliere per Francesco Algarotti, incaricato di comprare dipinti veneziani per il re di Sassonia Augusto III.
Tra il 1746 e il 1747 realizzò una delle sue opere veneziane più note: Le storie di Antonio e Cleopatra, seguito negli anni successivi dalla vasta decorazione della residenza del principe vescovo di Würzburg, ancora in Baviera; un lavoro quest'ultimo, che gli richiese quasi tre anni. Tornato a Venezia riprese col consueto ritmo la sua attività, sempre coadiuvato dai figli: Villa Valmarana a Vicenza, Ca' Rezzonico, la chiesa di San Polo e quella della Pietà a Venezia, il duomo di Este e l'oratorio della Purità di Udine, fra gli altri. Recatosi controvoglia a Madrid nel 1762 su incarico di Carlo III di Spagna, finì per perdersi tra le infinite richieste di corte e morì improvvisamente otto anni più tardi, il 27 marzo 1770, senza essere mai più tornato in laguna.
Giandomenico, la cui mano è riconoscibile in ogni lavoro commissionato al padre, tornato a Venezia nel 1772 si avvicinò alla scuola degli zii Guardi e divenne poi maestro dell'Accademia di Venezia, della quale fu presidente dal 1783. Interamente suoi sono gli affreschi di Palazzo Contarini. L'apoteosi del suo lavoro è però il Mondo Novo, affresco dipinto (assieme ai celebri Pulcinella) per la villa di famiglia a Zianigo di Mirano: i personaggi sono tutti voltati rispetto al punto di osservazione dello spettatore; circondano il teatro ma sono anche protesi verso qualcosa di lontano e irraggiungibile. Il mondo così come lo avevano conosciuto i Tiepolo sta terminando. Giandomenico si spense a Venezia il 3 marzo 1804, sette anni dopo la caduta della Serenissima.
(illustrazione di Matteo Bergamelli)
 
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