Giovanni Battista Zampironi, il farmacista veneziano che sconfisse le zanzare

Domenica 29 Settembre 2019 di Alberto Toso Fei
Giovanni Battista Zampironi visto da Bergamelli
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Quando d'estate, poco prima di mettervi a cenare all'aperto, vi accorgete con orrore che le zanzare sono lì pronte a rovinarvi la serata, che fate? Chiamate qualcuno dentro casa e gli dite: «Prendi gli zampironi». Lo zampirone, che meravigliosa invenzione spiraloide. Eppure, se guardate la confezione, non troverete scritto da nessuna parte "zampirone". Infatti gli zampironi che voi avete conosciuto nella vostra giovinezza si chiamavano inequivocabilmente "Vulcano".
E allora? E allora c'è che i primi prodotti di questo genere erano proprio dei conetti da accendere sulla sommità, dei piccoli vulcani appunto. E i primi mai apparsi nella storia della lotta alle zanzare avevano una bella Z impressa. Z come zampirone, dunque? Quasi. Zeta come Zampironi: Giovanni Battista Zampironi, il farmacista che li inventò. Nato il 25 febbraio 1836 a Venezia da Giovanni Battista senior e Anna Monterumici in un grande appartamento sopra la farmacia di famiglia all'insegna della Fortuna in salizada San Moisè rimase orfano di padre a dodici anni ereditando l'intero patrimonio, e fu allevato con amore dallo zio materno Antonio che ne riconobbe le inclinazioni e lo avviò agli studi scientifici.
Zampironi fu dunque da subito un bravo farmacista proveniente da una famiglia agiata che nel 1859 comprò una bella villa a Orgnano di Spinea, nell'entroterra veneziano. Dietro il suo bancone di San Moisè transitarono negli anni anche Italo Svevo e Friedrich Nietzsche.
E sebbene l'utilizzo del piretro nella lotta alle zanzare fosse già conosciuto, l'ingegno e l'iniziativa di Giovanni Battista Zampironi furono tali da rendere il suo marchio un simbolo universale. La sua invenzione (il Piroconofobo, cono fumigante che fa paura alle zanzare), con impressa quella grande Z sormontata da una stella, divenne un marchio inconfondibile; anche quando fu rinominato come Fidibus insettifugo. I piccoli coni trapezoidiali di Zampironi erano realizzati con una formula composta per metà da polvere di piretro, una buona quantità di nitrato di potassio per favorire la combustione e della radice di altea unita a una gomma naturale per favorire l'aggregazione degli elementi.
Nel 1862, a 26 anni e in un momento di recessione economica, fondò con grande coraggio a Mestre in borgo San Rocco, l'attuale via Manin un laboratorio farmaceutico per la fabbricazione dei suoi coni combustibili che venivano prodotti e inscatolati da maestranze principalmente femminili; ma soprattutto investì delle cifre ingentissime per il lancio del suo marchio in tutti i mercati: partecipò a un numero incalcolabile di fiere internazionali; produsse cartoline pubblicitarie illustrate da artisti o recanti le più belle vedute di Venezia che furono pubblicate in diverse lingue, e sulle zanzare costruì la sua fortuna. Anche il confezionamento dei coni fu curato maniacalmente con l'utilizzo di una scatola particolare, senza colla né chiusure, tutta di cartone, colorata. Ovunque, accanto al nome del prodotto, quello di chi lo commercializzava: quello di Giovanni Battista Zampironi appunto. Una intuizione che fece diventare quella Z un marchio di fabbrica ineguagliabile, al punto che Zampirone divenne appunto sinonimo di fornelletto anti-zanzare anche oltre i confini italiani, facendo ricco e famoso il suo inventore. Un successo tale che ancora oggi il suo cognome inconsapevolmente nella stragrande maggioranza dei casi si è trasformato in una parola d'uso comune per indicare i prodotti che tengono lontani gli insetti, a dispetto del fatto che non se ne trova traccia nelle confezioni. Su di lui e sulla sua attività esiste da alcuni anni una curatissima monografia pubblicata dal Centro Studi Storici di Mestre (realizzata da Silvana Alessandrini, Sergio Barizza, Massimo Orlandini, Giampaolo Rallo, Giuseppe Scalici, Roberto Stevanato e Marco Basso).
Giovanni Battista Zampironi morì nella sua villa di Orgnano di Spinea il 28 settembre 1906 per una probabile intossicazione da sostanze chimiche e fu sepolto nel cimitero locale. Sulla sua lapide, ancora oggi, fa bella mostra di sé l'effige di un insetto alato.
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Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 10:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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