Profughi ucraini, ad un anno dalla guerra la metà vive ancora a Venezia. «Molti nelle famiglie che li hanno ospitati all'inizio»

Mercoledì 1 Febbraio 2023 di Alvise Sperandio
Profughi ucraini, a un anno dallo scoppio della guerra la metà vive ancora a Venezia. «Molti nelle famiglie che li hanno ospitati all'inizio»

VENEZIA - I profughi ucraini? Metà è rimasta qui. A quasi un anno dallo scoppio della guerra, il 24 febbraio 2022, molti sono tornati a casa e altrettanti si sono spostati da qualche altra parte, ma continua a essere importante la presenza in città e in provincia di quanti sono scappati dalle bombe e dalla devastazione della loro terra, arrivando qui a chiedere rifugio nel Veneziano.

I numeri

Ecco i numeri: delle 1.433 persone che in città hanno presentato domanda in Questura per il permesso di soggiorno, 708 vivono ancora sul territorio comunale, per la gran parte, e precisamente 472, nelle stesse famiglie che sin dal primo momento hanno dato loro accoglienza, facendosi carico di tutte le spese.

Più o meno lo stesso ordine di grandezza, attorno al 50% di permanenza, si può applicare anche al resto della Città metropolitana: del migliaio di profughi relativo agli altri 43 comuni oltre a quello di Venezia, che via via erano stati registrati nel portale unico di riferimento aperto per l’emergenza Ucraina, mezzo migliaio risulta tuttora abitare dov’era arrivato una decina di mesi fa.

I dati sono contenuti nel grande cervellone unico voluto in prima persona dal sindaco Luigi Brugnaro (che, in primis, sta tuttora ospitando a casa sua a Mogliano Veneto una donna con due figlie) e realizzato da Venis, il braccio informatico di Ca’ Farsetti, per avere in maniera dettagliata e in tempo reale, la fotografia della situazione così da meglio attivare tutti i dispositivi di assistenza per i profughi. Molti erano arrivati perché avevano un aggancio, tipo una parente che lavora come badante oppure le stesse comunità ucraine solitamente attive sul territorio. Tanti altri, invece, sono partiti alla “cieca”, talvolta senza niente nel vero senso della parola, e in città come in provincia hanno potuto trovare sostegno grazie alla mobilitazione della grande macchina della solidarietà organizzata velocissimamente dalle istituzioni col terzo settore e il mondo del volontariato. Gli alloggi messi a disposizione, in totale, nella Città metropolitana sono stati 1.108, di cui 107 nel Comune di Venezia. Tra gli altri comuni che tuttora ospitano un numero significativo di ucraini ci sono San Michele al Tagliamento (140), Mirano (79), San Donà (70) e Mira (67). Restando solo al dato del Comune di Venezia, 31 persone si trovano presso i Centri di accoglienza straordinaria, 19 nell’ambito del Sistema accoglienza e integrazione presso la struttura comunale Santa Maria Ausiliatrice di Castello, 14 in abitazioni prese in affitto, altre 172 con altre modalità di vario tipo.

Un decimo dei presenti, 77 persone, ha trovato lavoro. Sempre per quanto riguarda Venezia, nell’arco di quest’anno sono state 267 le cessate ospitalità e 416 i trasferimenti, di cui 317 sono coloro che sono partiti, tra cui vanno conteggiati i rientrati a casa in Ucraina, i trasferiti in altra regione italiana e anche tutti quelli che sono andati all’estero.

«Di fronte all’ondata delle partenze – spiega l’assessore alla Coesione sociale Simone Venturini – è stato subito messo in piedi un sistema per ospitare, integrare e dare strumenti alle famiglie e alle persone in arrivo sul territorio. Sono stati mesi particolarmente complicati, soprattutto i primi, quando c’era da rispondere a una primissima accoglienza. Ma poi, anche, sul fronte sanitario, in tempo di Covid con i tamponi e le vaccinazioni, per gli inserimenti scolastici, i permessi di soggiorno. Aver messo in piedi il portale dove le famiglie potevano registrarsi e iscrivere le persone ospitate per poter ottenere alcuni servizi, come il trasporto pubblico gratuito, è stato un ulteriore punto di forza che ha fatto sì che il modello Venezia fosse adottato anche da altre città. Tuttora siamo impegnati nei servizi per l’integrazione, nella scuola, nel volontariato e nel garantire alle persone che hanno scelto di stare qui la possibilità di mettere radici. Un grande ringraziamento va fatto a tutte le realtà che hanno dimostrato grande disponibilità e sostegno, tra cui le parrocchie, la Caritas diocesana, le associazioni, il mondo dello sport e tanti cittadini di buon cuore». 

Ultimo aggiornamento: 15:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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