Mose, nuova indagine sui conti: esposto su 50 milioni usati per i debiti

Sabato 21 Luglio 2018 di Raffaella Vittadello
foto di repertorio
VENEZIA - Finisce alla Corte dei Conti e all'Autorità anti corruzione la segnalazione del ministero delle Infrastrutture sull'utilizzo delle risorse per finanziare i lavori del Mose che il Consorzio Venezia Nuova avrebbe invece impropriamente utilizzato anche per ripianare debiti pregressi. In particolare sarebbero stati impiegati 28 milioni per il ripianamento del disavanzo di esercizio 2015, 21,5 milioni all'Agenzia delle Entrate per sanzioni.

L'iniziativa è il frutto del lavoro del gruppo di esperti del Ministero delle Infrastrutture, dell'Anac e della Prefettura di Roma voluto per valutare la gestione dei finanziamenti all'opera che dovrà salvare Venezia dall'acqua alta. Una sorta di super commissione, voluta dal presidente dell'Anac Raffaele Cantone, per tirare le somme sull'operato del Consorzio Venezia Nuova (retto da due amministratori straordinari, Francesco Ossola e Giuseppe Fiengo) e del Provveditorato ai lavori pubblici, di cui è presidente Roberto Linetti.

L'INTERPELLANZA Dunque ora la partita passa alla magistratura contabile L'importante novità è emersa dalla risposta all'interpellanza urgente del parlamentare veneziano Pd Nicola Pellicani, che nelle settimane scorse aveva chiesto al Governo - che per la prima volta si è trovato ad affrontare la questione Mose - quali fossero le intenzioni sull'argomento, sottolineando come i lavori siano ormai fermi da parecchi mesi e che di questo passo risulterà difficile rispettare la scadenza della loro conclusione prevista per fine dicembre e la conseguente consegna dell'opera programmata per fine 2021. 
Nella nota di risposta del ministero, letta dal sottosegretario 5Stelle alle Infrastrutture Michele Dell'Orco, si citano altre operazioni finanziarie il cui effetto avrebbe provocato la mancanza di liquidità per il pagamento di lavori eseguiti da imprese non beneficiarie di prestiti della Banca Europea per gli investimenti. Anche in conseguenza dei ritardi dello Stato nel saldare ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Pellicani si augura ora che venga fatta piena luce sulla vicenda «che va ricondotta al contenzioso tra Consorzio e imprese, in particolare con i principali soci del Consorzio stesso, vale a dire Mantovani, Condotte e Grandi Lavori Fincosit».

I CANTIERI Dell'Orco ha spiegato che il governo intende completare definitivamente l'opera, già totalmente finanziata con 5,5 miliardi di euro e realizzata al 93 per cento. Ma nella risposta non c'è traccia di date per il riavvio dei lavori, né notizia su chi eseguirà la manutenzione. 
«Altro che governo del cambiamento - dice Pellicani - questo è il governo dei rinvii. Se le cose continueranno di questo passo c'è il rischio concreto che il cantiere non si chiuda mai e che il Mose resti la più grande incompiuta d'Europa. Giustissimo approfondire l'aspetto finanziario, ma non vorrei che il continuo ricorso alla magistratura contabile e all'autorità per l'anticorruzione diventi un pretesto per tenere in fase di stallo l'opera. Per quanto mi riguarda non avrei mai avviato i lavori, ma ora bisogna pensare di concluderli e fare in modo che il Mose funzioni - prosegue l'onorevole - Ed è fondamentale pensare anche alla manutenzione, per i fenomeni di deterioramento, corrosione dei materiali, incrostazioni e tutte le criticità derivate da un sistema delicato che vive sott'acqua. Tanto da mettere a rischio anche la tenuta dei cassoni a causa di fessurazioni, come risulterebbe da uno studio commissionato dai commissari del Consorzio».
 
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