Morto la notte del Redentore di Venezia, il papà di Riccardo Nardin: «Un manuale sulla sicurezza in sua memoria»

Domenica 30 Luglio 2023 di Giuseppe Babbo
Riccardo Nardin, morto la notte del Redentore in un incidente nautico

CAVALLINO TREPORTI (VENEZIA) - «Mio figlio è morto da eroe, ora realizzerò un manuale sulla sicurezza in laguna in sua memoria». Le parole, pronunciate con una grande forza interiore che nasce dalla disperazione per la perdita del figlio, sono quelle di Olindo Nardin, il papà di Riccardo, il 27enne residente a Cavallino deceduto nella notte tra il 15 e il 16 luglio, di rientro dai festeggiamenti del Redentore. Comandante delle motonavi gran turismo “Il Doge di Venezia”, Riccardo al momento dell’incidente stava navigando con il suo barchino nel canale tra San Giorgio e San Servolo. A bordo con lui due amiche residenti al Lido che il 27enne stava riaccompagnando a casa dopo la serata di festa. Ma poco dopo essere ripartito la sua imbarcazione è finita contro una bricola, un impatto che ha sbalzato il giovane in acqua. «Riccardo non stava procedendo a velocità sostenuta – dice il papà –, questo l’hanno riferito anche le due ragazze che erano con lui. Con molta probabilità l’impatto è avvenuto nella parte destra, è stato colpito di striscio e poi è finito in acqua. Era un ragazzo d’oro, con la testa sulle spalle. Quando si trovava al comando di un’imbarcazione non commetteva leggerezze, tra l’altro il giorno successivo avrebbe dovuto imbarcarsi nella motonave più grande della ditta per cui lavorava, motivo in più per fare attenzione.

Mio figlio ha salvato la vita alle due ragazze che erano con lui: per un comandante, quando si verifica un incidente nautico l’obiettivo è quello di salvare i passeggeri a bordo, Riccardo ha tenuto fede a questo impegno». 


INTERROGATIVI
Sullo sfondo rimangono però i tanti interrogativi su questa tragedia e sulla sicurezza in laguna. «Il Redentore non è più la festa dei veneziani – prosegue Olindo Nardin – la gente ha paura di quello che può succedere in acqua e non partecipa più a questo evento, si tratta di un dato di fatto che va riconosciuto. Nel caso specifico ho sollevato l’assenza dell’illuminazione sulla bricola e poi le onde provocate dalle altre imbarcazioni. Non escludo il passaggio di una barca più grande, ad oggi è solo una supposizione perché non ci sono immagini e quella notte non c’era nemmeno la luna a creare un minimo di fonte luminosa». Ed è per questo che il papà punta a realizzare un manuale sulla sicurezza in laguna con particolare riferimento alla notte del Redentore. «Lo devo a mio figlio – prosegue il padre – affinché la sua morte non sia stata vana. Lo realizzerò con chi da anni si batte contro il moto ondoso a tutela di chi si muove in laguna. Ho già parlato con alcune società remiere e con dei rappresentanti dei gondolieri. Nel caso del Redentore ci sono tre aspetti da analizzare: l’arrivo nelle postazioni di ormeggio, il momento dello spettacolo e il deflusso finale, una parte quest’ultima che oggi è caratterizzata dal fuggi-fuggi finale al termine dello spettacolo pirotecnico, che invece va regolamentato con attenzione. Saranno indicati dei consigli utili a tutti, anche a chi ricopre incarichi di responsabilità. Non provo rabbia nei confronti di nessuno ma ritengo giusto confrontarmi con i veneziani che da anni sostengono la battaglia per la sicurezza». Tanta, infine, la forza che arriva da chi ha conosciuto Riccardo e che in queste settimane continua a stringersi attorno alla sua famiglia. «Venezia e Cavallino hanno perso un ragazzo d’oro – conclude Olindo – Riccardo era un vero capitano: a casa era lui a tenere il timone. Ritengo doveroso ringraziare il presidente della Regione Luca Zaia, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, la sindaca di Cavallino-Treporti Roberta Nesto e tutta la comunità. In particolare i tanti amici di mio figlio, quindi i miei colleghi del porto di Venezia per la vicinanza davvero concreta». 

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