VENEZIA - «Sabato sera durante il Redentore, nella notte della tragedia, è successo di tutto: gente che faceva il bagno tra le barche e che ha rischiato di essere travolta nel buio, pescherecci che facevano molto ondoso, taxi e barche che sfrecciavano a destra e a sinistra».
Bartolomeo Panfilo ha da pochi giorni raggiunto la maggiore età e come tanti ragazzi della sua generazione ha vissuto la festa dal “barchin”. È uno del “popolo del Redentore, ha vissuto ora per ora la festa e oggi, come tanti, si trova a piangere un ragazzo come lui, che voleva solo divertirsi: Riccardo Nardin, 28 anni di Cavallino-Treporti, non c’è più.
IL RACCONTO
«Ci siamo messi dietro alla Giudecca - ricorda Bartolomeo - c’era già gente quando siamo arrivati, attorno alle 20, ma poi, improvvisamente, ne sono arrivati tantissimi attorno alle 22.30. C’era chi faceva il bagno e nuotava attraversando il canale senza alcuna luce, ci passavano a fianco nel buio. Noi avevamo comprato alcuni braccialetti luminosi e quando una mia amica si è buttata, con questi era ben visibile rispetto agli altri».
La testimonianza si sposta poi sul ritorno, il vero momento pericoloso del Redentore: «In tanti non avevano le luci, o le avevano sbagliate. So che c’erano tante feste al Lido, quindi c’era chi voleva andarsene appena finiti i fuochi per arrivare subito lì».
E che non fossero pochi quelli che sfrecciavano via dal bacino lo conferma lo stesso giovane: «Ho la barca a Castello, ma non ho potuto attraversare. Nonostante avessi aspettato più di mezz’ora prima di muovermi, ho dovuto fare il giro per il Lido». La marea di gente in movimento faceva sì che natanti di diverse dimensioni navigassero fianco a fianco, generando ondate pericolose: «I pescherecci che tornavano verso Chioggia tiravano avanti senza particolari remore, producendo onde enormi che difficilmente si vedevano. In quei momenti il motore serve poco».
E ancora: «Nonostante avessi aspettato un bel po’ non è stato facile, in navigazione mi guardavo vicino e non lontano, a bordo abbiamo spento le luci, tenendo visibili quelle di via».
E poi, la musica: «Chi sfrecciava a fianco spesso aveva le casse a bomba, così non senti bene i rumori, cosa che è utile perché di solito, soprattutto di notte, riuscire a sentire se un motore ti si avvicina può aiutare».
Senza contare l’incidenza dell’alcol, della stanchezza, Insomma, un mix ad alto rischio.
PROPOSTE
Bartolomeo propone anche alcune soluzioni, che potrebbero trovare applicazione da subito: «Maggiore attenzione nei luoghi dove non si prenota l’accesso perché dove c’era la regolamentazione, c’erano controlli, ma altrove no. Poi, fare rispettare sul serio l’obbligo di luci a tutti, perché c’è sempre chi, magari in un barchino piccolo, pensa di mettersi la torcia in testa ed esser visibile».
Altra variabile a cui portare attenzione è la necessità di tenere accese l’illuminazione anche da fermi: «Durante i fuochi pareva di esser soli, accendendo una torcia mi son reso conto di quante barche fossero ferme, senza però esser visibili. Se fosse passato qualcuno in canale anche a 10 chilometri all’ora sarebbe potuta esser una strage». Da ultimo, in prima persona racconta un pericolo vissuto: «Mi sono trovato con un taxi a destra e uno a sinistra, ero in balia delle onde e il motore girava a vuoto».