Lagunare morto a Nassiriya: 5 anni per bocciare il ricorso dei genitori di Matteo Vanzan

Sabato 26 Febbraio 2022 di Angela Pederiva
Matteo Vanzan, poi promosso caporal maggiore, è morto a Nassiriya il 17 maggio 2004
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VENEZIA - Dopo cinque anni di attese e delusioni, ritardi e rinvii, è finalmente arrivata la sentenza sul caso di Matteo Vanzan. Ma è l’ennesimo schiaffo per mamma Lucia e papà Enzo: non bastasse il dolore per la morte del ragazzo, caporale dei Lagunari rimasto ucciso a Nassiriya il 17 maggio 2004, la famiglia di Camponogara deve sopportare anche la frustrazione per i dinieghi della burocrazia e le lungaggini della giustizia. Il ricorso presentato nel 2017 contro l’Inps, che nega l’erogazione della liquidazione perché il militare era “solo” un volontario in ferma breve, ieri è stato dichiarato inammissibile dal Tar del Veneto in quanto la competenza è del giudice ordinario.

LA CONTRADDIZIONE
Insomma, tutto da rifare, ancora una volta. E pensare che appena mercoledì il Consiglio regionale aveva approvato all’unanimità la mozione di Fratelli d’Italia che impegna la Giunta «ad attivarsi, con ogni iniziativa utile, presso le competenti sedi, affinché lo Stato italiano garantisca alla famiglia di Matteo Vanzan, medaglia d’oro al “valore dell’Esercito”, l’erogazione del Trattamento di fine servizio», cioè l’equivalente del Tfr per i dipendenti pubblici statali. «Occorre sanare – aveva dichiarato il primo firmatario Raffaele Speranzon – l’odiosa contraddizione di uno Stato che, da un lato, riconosce con titoli e con attestati l’eroicità del gesto e il fatto che è stato vittima di un attacco terroristico, e poi però, nelle pastoie burocratiche, dimentica di dare il giusto riconoscimento ai familiari che hanno subìto questa irrimediabile perdita».

LA BATTAGLIA
Da superstiti di una “vittima del terrorismo” in missione di pace, i genitori avevano chiesto l’erogazione della pensione privilegiata di reversibilità e il pagamento del Tfs. Ma fin dall’inizio è stata una battaglia. Il trattamento pensionistico era stato riconosciuto inizialmente nella sola misura tabellare e solo dopo un’impugnazione davanti alla Corte dei Conti il caso era stato correttamente inquadrato. Senza però tener conto del pronunciamento dei giudici contabili, inoltre, l’Inps aveva respinto la richiesta della liquidazione, «avendo l’Istituto eccepito che il militare, volontario in ferma breve all’epoca del decesso, non possa essere considerato titolare di un rapporto di impiego e non abbia perciò titolo all’erogazione del Tfs», come riassume ora il Tribunale amministrativo regionale.

LA GIURISDIZIONE
È infatti proprio al Tar che si erano rivolti i signori Vanzan, per chiedere la condanna dell’ente vigilato dal ministero del Lavoro al pagamento dell’emolumento, in base alla norma emanata nel medesimo anno in cui spirò il loro figlio, appena 22 enne. Ma dopo un lustro di udienze e memorie, il verdetto si è rivelato l’ennesima fonte di amarezza per la famiglia di Matteo, promosso caporal maggiore alla memoria. Scrivono infatti i magistrati di Venezia: «Va ribadito che, avendo la controversia per oggetto una prestazione di natura assistenziale non direttamente connessa al pregresso rapporto d’impiego, essa è priva del necessario collegamento con la giurisdizione amministrativa, poiché non trova il proprio titolo giuridico nel pregresso rapporto di lavoro, bensì nello status di vittima del terrorismo insorto in occasione del rapporto lavorativo ma non in diretta dipendenza da esso». Dunque la causa potrà essere riproposta davanti al Tribunale ordinario, per essere vagliata dal giudice civile, «con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda». Una magra consolazione.

Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 11:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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