Marco Zennaro, nuova frenata alla liberazione: quel nome trascritto sbagliato dall'impiegato

Martedì 8 Marzo 2022 di Angela Pederiva
Marco Zennaro, nuova frenata alla liberazione: quel nome trascritto sbagliato dall'impiegato
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VENEZIA - Stavolta sembrava fatta. Marco Zennaro avrebbe dovuto essere a casa domani. La lunga ed estenuante attesa pareva davvero agli sgoccioli, con la partenza dal Sudan prevista per oggi, grazie ai 200.000 euro raccolti da Unioncamere Veneto su un conto del Patriarcato di Venezia e validati dal Tribunale di Khartoum a garanzia del suo rilascio. Ma in serata, dopo una giornata all'insegna dell'ottimismo, sono tornate nubi e preoccupazioni. Ed è tornata l'ombra lunga di un nuovo, ennesimo, rinvio della partenza.

Alla Farnesina, la cautela attorno alla vicenda rimane massima, soprattutto ora che l'Italia è stata inserita nella lista dei Paesi considerati «ostili» alla Russia, che invece è sostenuta dal governo di cui fa parte il nipote del miliziano in causa con il 47enne. «Massima prudenza», è la raccomandazione che arriva dal governo.


GLI OSTACOLI

La revoca del cosiddetto travel ban, cioè del divieto di viaggiare che di fatto impediva il rimpatrio dell'ingegnere, non sembra ancora avvenuta. Ci sarebbe ancora qualche nodo da sciogliere e il direttore generale per gli Italiani all'Estero della Farnesina Luigi Vignali è personalmente al lavoro in Sudan per rimuovere ogni ostacolo. La limitazione è legata alla causa civile, attualmente in fase di appello dopo tre diverse assoluzioni, intentata da Abdallah Esa Yousif Ahamed contro l'azienda ZennaroTrafo, per la fornitura di una partita di trasformatori asseritamente difettosi. Per sbloccare il procedimento, era stato concordato il versamento di una somma forfettaria a saldo e stralcio, in base a un accordo che è stato ratificato nel fine settimana.


LE LUNGAGGINI

In linea con una storia caratterizzata fin dall'inizio da snervanti lungaggini, anche questo passaggio è stato caratterizzato dall'ennesimo rinvio. La vidimazione sarebbe stata fissata ancora per giovedì scorso, salvo poi slittare al weekend a causa di alcune manifestazioni di piazza, che avrebbero impedito al giudice di raggiungere gli uffici giudiziari. Sempre stando alle indiscrezioni che rimbalzano dal Sudan, inoltre, la stessa liberazione di Zennaro sarebbe stata rinviata da domenica a ieri, in quanto l'impiegato incaricato di trascrivere l'atto avrebbe sbagliato a scriverne il nome. Infine, gli ultimi ostacoli che mettono in forse l'arrivo a Venezia per domani. Al capitolo delle beffe andrebbe invece iscritto un altro retroscena: il 47enne sarebbe stato obbligato a pagare una multa di 100 euro, nonché a scusarsi davanti a un funzionario del ministero dell'Interno, di fronte alla contestazione di non aver lasciato il Sudan alla scadenza del visto.


IL CLIMA

Non fosse già abbastanza delicata di suo, la vicenda è diventata ancora più spinosa in queste ultime ore, a causa della tensione internazionale legata alla guerra in Ucraina. Dopo che proprio ieri è stata inserita nell'elenco degli Stati «che commettono azioni ostili contro la Russia, le sue compagnie e i cittadini», ovviamente secondo Mosca, l'Italia deve mettere in conto il rischio di essere tenuta sulla corda in questo frangente da un Governo filo-Putin com'è quello del Sudan. Nel clima di prudenza restano dunque con il fiato sospeso pure i promotori della mobilitazione, a cominciare da Mario Pozza, presidente del sistema camerale veneto, che solo a rimpatrio avvenuto potrà ufficializzare i contributi alla sottoscrizione: fra gli altri, quelli di Confindustria, Confartigianato e Fondazione di Venezia, oltre che del sindaco Luigi Brugnaro.


LA RICONOSCENZA

Ad esprimere riconoscenza è Cristiano Zennaro, padre di Marco: «Non potrò mai smettere di ringraziare tutti». L'odissea di suo figlio era cominciata il 16 marzo 2021 e aveva visto la sua reclusione prima in commissariato e poi in carcere. Successivamente l'imprenditore era stato ammesso agli arresti domiciliari in albergo, dopodiché con la caduta delle accuse penali era stato ospitato in ambasciata, senza però poter essere un uomo libero. «Sta per finire un incubo durato troppo», aveva commentato ieri a caldo il governatore Luca Zaia.

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