Eraclea. Luciano Donadio resta libero: la condanna per ora è solo su carta

Cade il divieto di uscire da Eraclea, via i vincoli anche per gli altri in attesa di Appello e Cassazione

Venerdì 16 Giugno 2023 di Nicola Munaro
Eraclea. Luciano Donadio resta libero: la condanna per ora è solo su carta

ERACLEA -  Da ieri Luciano Donadio è un uomo libero. A far cadere l'ultimo limite - cioè il divieto di uscire da Eraclea, istituito con la scarcerazione di febbraio - è stato lo stesso tribunale Collegiale presieduto dal giudice Stefano Manduzio, che dieci giorni fa lo condannava a 26 anni e 3 mesi per associazione a delinquere (condita da estorsioni, rapine e bancarotte), ma cancellava lo stampo mafioso contestato dalla procura, lasciando soltanto qualche piccola traccia di aggravante dell'uso del metodo mafioso.


IL PROVVEDIMENTO
La decisione del Tribunale - che non ha tenuto conto del parere contrario della procura di Venezia - è stata firmata ieri e segue quella presa dal Riesame nei confronti di Antonio Pacifico - condannato a 10 anni e 6 mesi e considerato uno degli uomini più vicini a Donadio - che il 26 maggio si vedeva cadere per decorrenza termini il divieto di lasciare Eraclea.

Una decisione usata come un grimaldello dagli avvocati di tutti gli altri protagonisti della vicenda che ancora avevano dei limiti alla propria libertà, Donadio compreso. Il ricorso delle difese è stato quindi accolto dal Collegio che ha ritenuto di equiparare tutte le altre posizioni a quella di Pacifico, cancellando quindi il vincolo. Con Luciano Donadio sono così tornati liberi di muoversi senza alcun divieto il figlio Adriano (condannato a 5 anni e 8 mesi), il braccio destro del capo dell'associazione, Raffaele Buonanno (condannato a 19 anni), Raffaele Celardo (sentenza di 7 anni e 2 mesi), Pietro Morabito (5 anni e 6 mesi), Mauro Secchiati (8 anni e 9 mesi), Costantino Positò (5 anni), Giuseppe Puoti (8 anni e 6 mesi), Samuele Faè (10 anni), Luigi Paolì (7 anni), Renato Veizi (5 anni e 10 mesi) e Franco Breda, condannato a 5 anni. Questo mentre il divieto per Paolo Valeri (4 anni e 4 mesi) era stato fatto cadere dal tribunale con la sentenza di condanna del 5 giugno.


A FEBBRAIO
Il primo passo per il ritorno alla libertà dopo gli arresti del 19 febbraio 2019, era arrivato per Donadio il 7 febbraio scorso quando il Collegio guidato dal giudice Manduzio scarcerava lui e gli altri detenuti. "Le esigenze cautelari possono essere adeguatamente soddisfatte mediante misure coercitive di controllo, quali l'obbligo di dimora nel territorio del Comune di dimora abituale indicato per gli stessi". In altre parole per il Collegio nella fase finale del dibattimento era sufficiente la detenzione preventiva già scontata, ma serviva comunque un controllo, che adesso non ha più ragion d'essere. Donadio e soci resteranno in libertà fin quando la sentenza di condanna non diventerà definitiva con il pronunciamento della Cassazione. Ma si parla di anni, dato che solo per motivare la sentenza il Collegio si è dato novanta giorni di tempo. Poi ci saranno le impugnazioni - già annunciate dalle difese che, seppur soddisfatte per aver visto cadere l'accusa di mafia, lamentano pene troppo pesanti - un nuovo processo in Appello e una volta arrivata la sentenza di secondo grado, ecco il via (scontato per un processo del genere) dello stesso iter fino al Palazzaccio.


TRENTA REATI
Nello sviscerare ogni accusa, il Collegio ha sostenuto che Donadio abbia utilizzato lo spauracchio della mafia in un episodio di detenzione illegittima di armi, in due usure e in sette estorsioni. Dei 62 reati che lo avevano portato di fronte al tribunale Collegiale di Venezia con l'accusa di aver impiantato una cosca dei casalesi a Eraclea - ed esserne stato il capo per vent'anni - ne sono caduti 32 tra assoluzioni, prescrizioni e non doversi procedere per mancanza di querele. Tutte contestazioni trascinate a fondo con la caduta dell'accusa madre, quella di associazione a delinquere di stampo mafioso. Restano 30 reati. E 10 di quei 30 reati - l'associazione a delinquere, detenzioni di armi, usura, estorsione, tentata rapina, bancarotte e reperimento di banconote - sono aggravati dal metodo mafioso.

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