SPINEA - La furia del femminicidio consumatosi, nel settembre scorso, tra le mura di una casa di Spinea, ora ha numero: 85. Quello delle coltellate inflitte alla quarantenne moldava, Lilia Patranjel, dal compagno Alexandru Ianosi, 35enne romeno, saldatore della Piping System di Mirano. Le ha contate il medico legale Barbara Bonvicini, incaricata di eseguire l’autopsia sul corpo martoriato della donna. Il consulente del sostituto procuratore, Alessia Tavarnesi, ha depositato in questi giorni le sue conclusioni. Uno degli ultimi atti di un’indagine che, a questo punto, si avvicina alle conclusioni. Per Ianosi, in carcere dal giorno del delitto, si prospetta un processo davanti alla Corte d’assise per omicidio aggravato dal vincolo della convivenza. Un reato da ergastolo, per cui non è ammesso il rito abbreviato con lo sconto di un terzo della pena. Il suo difensore, l’avvocato Francesco Neri Nardi, è intenzionato a chiedere alla Corte una perizia psichiatrica. «Ianoni ora è più raziocinante, capisce il disvalore di quello che ha commesso. È un uomo distrutto» riferisce il legale.
VIOLENZA INCREDIBILE
L’ULTIMO LITIGIO
La tragedia si era consumata la sera di 22 settembre, nella casa del centro alle porte di Mestre, dove la coppia conviveva ormai da cinque. Quella sera la donna si era fatta coraggio, decisa stavolta ad andare fino in fondo. Altre volte aveva denunciato le violenze del compagno, salvo poi ritirare la querela e bloccare l’iter giudiziario. Stavolta Lilia voleva andarsene davvero. Ma la reazione del compagno fu il massacro della donna, ora descritto nella relazione del medico legale. L’uomo si scagliò contro di lei con un coltello da cucina, tentando di ferirla il più vicino al cuore. Lilia morì attorno a mezzanotte.
LA CONFESSIONE
Fu Ianosi stesso poi a chiamare i carabinieri attorno alle cinque del mattino. «Venitemi a prendere, ho ucciso la mia compagna» disse, per poi avvalersi della facoltà di non rispondere. «Non capisco perché l’ho fatto, sono semplicemente devastato dai sensi di colpa. Dopo averla uccisa ho un vuoto di memoria, sono svenuto» aggiunse entrando in carcere. In seguito, in cella, la decisione di piantarsi un manico di scopa in un occhio per punirsi. Sono seguiti mesi di cure sanitarie, nonché di recupero. Fino alla confessione di poche settimane fa. Al sostituto procuratore che coordina le indagini, Ianosi ha riferito che Lilia aveva detto una frase che gli aveva fatto perdere la testa, di «non averci più visto», di aver preso il coltello da cucina per colpirla... Colpi su colpi. Gli 85 in tutto ora conteggiati nella relazione del medico legale. Un documento in più per gli atti del processo ormai alle porte.
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