Andrea "l'uomo della luce", per primo portò l'elettricità nelle isole di Venezia

Lunedì 19 Luglio 2021 di Francesca Catalano
Andrea Comoretto, 90 anni
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VENEZIA - L'uomo della luce. Così era chiamato Andrea Comoretto dai bambini di Lio Piccolo quando lo vedevano arrivare sulla sua moto per dirigere i lavori che avrebbero portato per la prima volta la luce elettrica nelle loro case.

La più grande operazione di Comoretto fu però riportare a Venezia la luce dopo l'Acqua Granda del '66. Operazione che ora, appena compiuti i 90 anni, ricorda insieme al lungo servizio svolto per oltre quarant'anni nella gestione dell'impianto elettrico di Venezia e della laguna, divenendone capotecnico principale da gennaio 1964 fino a maggio 1991, epoca del pensionamento.

ELETTRICITÀ IN LAGUNA

Nato ad Artegna, in Friuli, nel 1931, arrivò in città nel 1952 e dedicò un'intera vita di lavoro a Venezia, diventando negli anni attento conoscitore delle problematiche locali, operando sull'impianto sotto le tre gestioni succedutesi di Comune di Venezia, SADE-Cellina ed Enel. Responsabile per quasi un trentennio dell'Ufficio Tecnico degli impianti elettrici di Venezia, racconta le battaglie affrontate negli anni per portare in città innovazioni adatte alla specificità di Venezia e delle sue isole, tanto che per molto tempo gli sembrò di vogare con l'acqua contraria visto che per apportare le modifiche da lui proposte ci vollero anche decenni: «Il rammarico è di non esser sempre stato ascoltato e capito» dice.
 

I PRIMI INTERVENTI

Appena arrivato in città si accorse subito che le linee aeree costruite a fine 800 dal Comune non andavano bene: «I fili dell'alta tensione passavano sopra i tetti dei palazzi più alti e dopo i temporali per sostituire gli isolatori guasti bisognava usare scale lunghissime quasi perpendicolari ai muri - spiega - Mentre io mi preoccupavo per l'incolumità degli operai, per loro invece era una gara a chi arrivava in alto per primo». Fu così che Comoretto si impegnò per modificare la linea: «L'unica possibilità era demolire le linee aeree. Queste però per contratto erano del Comune, il quale si decise a firmare la cessione solo negli anni '70 e solo nei dieci anni successivi si poterono svolgere i lavori per interrare o sommergere i cavi».
 

L'ALLUVIONE

Ma la sua grande intuizione avvenne con l'Acqua Granda del '66 che causò seri problemi ai trasformatori. Questi infatti, isolati con il cotone, raggiunti dall'acqua mettevano fuori servizio tutta la linea lasciando la città completamente al buio. «Erano 500 le cabine andate fuori uso. A mezzanotte tornò in servizio l'Ospedale Civile e a ruota tutti quelli delle isole. Poi demmo precedenza a macellai e negozianti» racconta, dicendo che in tutto ci vollero però una decina di giorni per riattivare tutte le linee. Quella volta ordinò di non riattaccare subito la linea, affinché prima si potessero asciugare i trasformatori raggiunti dall'acqua ma non danneggiati, così che non si guastassero a catena. «Ero isolato, non potevo chiedere consiglio a nessuno. - rammenta - Il mio direttore quel giorno riuscì ad arrivare in centrale per telefonarmi con i telefoni a batteria camminando su due sedie».

LE TECNICHE

I trasformatori dopo l'acqua alta vennero cambiati con quelli in pcb, sostanza che però poco dopo si scoprì inquinante. «Ci dissero che dovevamo sostituirli ma non con che cosa. Fu così che studiai la realizzazione di una macchina inglobata nella resina per renderla impermeabile, predisponendo inoltre i contatti della macchina più in alto di come erano». Il primo ordine di campione però non venne subito approvato: «La sede Enel del Triveneto capiva le motivazioni, mentre la sede centrale di Roma non si spiegava perché servissero macchine fuori standard» spiega Comoretto. La svolta avvenne quando dopo un anno il sindaco disse che i trasformatori andavano sostituiti entro 20 giorni. Fu così che l'iniziale ordine campione fu raddoppiato e la realizzazione dei trasformatori fu affidata ad una ditta in Olanda. «Questa però non si prese la responsabilità di collaudarli nell'acqua: arrivati a Venezia allora lo facemmo noi e andò tutto bene» dice. È grazie a questa operazione che Venezia non è rimasta al buio con l'Acqua Granda del 2019: «Si verificarono però molti cortocircuiti, il Comune infatti ha posto la quota minima degli impianti da terra a 110 cm solo di recente dopo oltre 50 anni che dicevamo di alzarli».

NELLE ISOLE

A Comoretto si deve anche la sostituzione negli anni 80 delle linee aeree a Pellestrina: «L'alto l'inquinamento salino faceva corrodere i pali in cemento che sostenevano le linee - spiega - Visti i costi, però, nessuno diede indicazioni, allora procedemmo per interrare le linee con i cavi avanzati da altri lavori». Altro importante intervento fu la realizzazione di cavi sottomarini resistenti alla salinità dell'acqua rivestiti con acciaio inossidabile e guaine in polietilene.

IL LIBRO

Tutti questi anni di lavoro Comoretto li ripercorre nel suo libro Una vita di lavoro per Venezia, edito nel 2016 dalla casa editrice El squero di Davide Livieri, che presto probabilmente verrà anche realizzato in e-book, così da rendere più fruibile questa storia in cui si comprende quanto le vere opere pubbliche che rendono migliore la vita ai cittadini siano quelle fatte silenziosamente.
 

Ultimo aggiornamento: 17:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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