Intervista a Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia: «Ho fatto il tagliando alla vita: ora scommetto sul futuro del Veneto»

Mercoledì 28 Dicembre 2022 di Davide Scalzotto
Luigi Brugnaro

Il 24 marzo di quest'anno che sta per finire, quel grande spavento, l'infarto al ristorante. Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia e fondatore di Umana e Coraggio Italia, patron della Reyer nel basket, non intende rallentare: «Ricordo il cardiologo che dopo il grande spavento mi guardò negli occhi e mi disse: Brugnaro, mi raccomando adesso stia tranquillo. Io gli risposi: Certo, non si preoccupi. Il problema è che a me piace vivere. Ho fatto il tagliando dei 60 anni. Siccome voglio arrivare a 120, a metà era giusto che facessi un check completo. Bisogna sempre imparare le lezioni, trarre forza dalle prove che ci mette davanti la vita».
E rilancia il suo progetto politico: «Il futuro è qui da noi, a Venezia, nel Veneto. Dovremmo essere un treno che corre, invece siamo in una ruota di criceto ad avvitarci intorno su polemiche non costruttive».

Sindaco Brugnaro, l'altra mattina alle 7 era al Porto per gli auguri di Natale ai lavoratori. Colazione con pasta, fagioli e cotechino. Si sveglia sempre così?
«Ma lì ci vado ogni anno, è un appuntamento fisso.

Ci tengo».


La sera invece spesso va in giro fino a tardi, anche per vedere se i lampioni funzionano. Quante ore dorme per notte?
«Sei ore. Mi sveglio alle 6 e porto a scuola i figli».


Pure?
«Sì, li vado pure a prendere se mi capita, magari succede che mi confondo e nel casino sbaglio classe, ma loro ci hanno fatto l'abitudine. Cerco di stare con loro il più possibile».
Il 2022 è stato un anno impegnativo per lei.


«Solo il 2022?»
Magari anche no. Però quel 24 marzo, quel grande spavento, l'infarto al ristorante.
«Era il 24 marzo? Lo ricorda lei, io me l'ero scordata la data».


La data forse, ma cosa ricorda di quella sera, di quei giorni?
«Ricordo il cardiologo che dopo il grande spavento mi guardò negli occhi e mi disse: Brugnaro, mi raccomando adesso stia tranquillo. Io gli risposi: Certo, non si preoccupi. Il problema è che a me piace vivere».


Quello spavento l'ha cambiata?
«Ho fatto il tagliando dei 60 anni. Siccome voglio arrivare a 120, a metà era giusto che facessi un check completo. Bisogna sempre imparare le lezioni, trarre forza dalle prove che ci mette davanti la vita».


Un'altra prova di questo 2022 sono state le elezioni. Coraggio Italia è andata sotto le sue aspettative? Cosa ha imparato?
«A me è sempre piaciuto partecipare per vincere, ovvio che mi aspettassi di più. Ma non mi sento affatto sconfitto. Se penso che siamo partiti da zero, dico che abbiamo preparato il terreno e piantato un seme. Abbiamo eletto due parlamentari come Martina Semenzato e Micaela Biancofiore, ci siamo federati in Noi Moderati e questo ci consente ora di lavorare per far crescere il partito in tutta Italia. Io mica mollo, anzi. Non abbiamo decine di deputati, ma abbiamo rapporti a tutti i livelli, dal Quirinale in giù. Con Mattarella c'è una linea diretta di grande collaborazione, abbiamo ministri con cui c'è stima, una coerenza politica che va dal Governo alla Regione. Veramente, credetemi, il futuro è di Venezia, tanto più se ci scommettiamo tutti».


Tanti si chiedono chi gliel'ha fatto fare di fondare un partito.
«È nelle cose che una lista civica come la nostra a Venezia, costruita sul sindaco, una volta che finirà l'esperienza in Comune sarà destinata a cambiare. Un partito invece consente di portare su scala nazionale quello in cui noi crediamo, la concretezza del fare, il pragmatismo, la competenza, il voler risolvere i problemi della gente senza bizantinismi ma badando al sodo. Io mica mi volevo candidare a sindaco la seconda volta. Però poi mi sono detto: se non mi ripresento, tutto quello che ho fatto nei primi 5 anni rischia di andare perduto. Così abbiamo piantato quel seme di cui parlavo prima. L'ho chiamato Coraggio Italia perché siamo attanagliati da mille paure. E quando si ha paura ci sono due modi per reagire: chiudersi in se stessi, mettersi limiti e contagiare gli altri delle proprie paure. Oppure reagire con coraggio, appunto».


E lei che paure ha?
«A me spaventa lasciare ai miei figli, ai nostri ragazzi, un'eredità peggiore di quella che abbiamo avuti noi. La nostra generazione ha passato momenti di crisi profonda, ma ora diamo per scontato valori come la pace, la sicurezza, il benessere, la solidarietà. Dobbiamo far capire ai ragazzi l'importanza e di questi valori. E credere di più in quello che possiamo fare. Dico sempre che il futuro è qui da noi, a Venezia, nel Veneto. E non è una battuta. Spesso ci rappresentiamo male, ma ci sono energie e forze positive che ci fanno fare la differenza. Dovremmo essere un treno che corre, invece siamo in una ruota di criceto ad avvitarci intorno su polemiche non costruttive, lotte per far perdere gli altri anziché far crescere tutti insieme».
A proposito di lezioni da imparare, cosa le sta lasciando questa esperienza da sindaco?
«Mi ha cambiato. Prima ero molto più istintivo, impulsivo. Adesso cerco di controllarmi, penso che rappresento i cittadini, una comunità. Ma spesso per avere coraggio bisogna anche essere decisi, tosti. Io sono un inguaribile ottimista, ma gli ottimisti non hanno vita facile. Vengono scambiati per illusi. Giusto sognare, ma poi i sogni bisogna realizzarli. E per questo serve decisione».


Talvolta lei ne ha messa anche troppa...
«Mi spiace chi vanifica il lavoro di altri, non capisco chi dice: Non riesco io, non deve riuscire neanche lui. Nel 2007 a Venezia eravamo partiti con il movimento dei Quarantenni, c'era un clima costruttivo, di confronto, di riscatto di una generazione che si sentiva persa e non rappresentata. Poi quell'esperienza si è dissolta, ma le persone - molte persone - sono andate avanti a costruire lo stesso. Oggi di anni ne ho 60, ma non molliamo. Vuole un esempio? A Venezia abbiamo ridotto il debito di 100 milioni, portato il patrimonio da 750 milioni a 1 miliardo e settecentomila euro: sa cosa significa? Consolidare la ricchezza della città migliorare la capacità di contrarre mutui. Mentre altre città rischiano il default. Tutto in silenzio, mettendo via i soldi anno dopo anno, senza sbandierare trionfi o proclami né sperperare denaro. E un altro insegnamento me lo ha dato lo sport».


Quale?
«Si vince, si lotta per vincere. Ma si insegna poco il valore della sconfitta. A nessuno piace perdere, ma ai ragazzi dobbiamo insegnare che dalle sconfitte si deve trarre la spinta per la rivincita. La vita ti dà sempre l'occasione per una rivincita. Penso ad esempi come Leonardo Del Vecchio, che è riuscito a costruire quello che ha fatto partendo dal nulla».


A lei quando è successo di sentirsi sconfitto?
«Io ho avuto vari momenti, capita a tutti no? Sono cose che tengo per me. Ma penso alla mia separazione, a un rapporto interrotto di cui mi sono assunto piena responsabilità e con cui ho fatto i conti a lungo. Per rinascere devi andare a fondo, capire le sconfitte, entrarci dentro. È lì che riparti. Io ho trovato Stefania, il suo amore. Poi ti aiuta la fede».


La sua fede?
«La mia fede è una questione intima, non ostentata. Prego, vado a messa ma non mi fermo alla liturgia. Io so cosa c'è dentro di me, con cosa faccio i conti. Natale per me è un momento particolare, lo è sempre stato. È veramente una rinascita, come si dice. Faccio un bilancio. E lo faccio ogni sera, un esame continuo. E ringrazio le persone che mi hanno dato qualcosa».

Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 10:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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