Muffa e infiltrazioni, inquilini in rivolta alle case popolari del Rione Pertini

Lunedì 9 Marzo 2020 di Paolo Guidone
Muffa e infiltrazioni, inquilini in rivolta alle case popolari del Rione Pertini
MESTRE - C’è il faldone pieno di corrispondenza con l’Ufficio manutenzioni di Insula e con gli uffici tecnici del Comune di Venezia. L’oggetto delle missive è quasi sempre lo stesso, si parla per lo più di infiltrazioni d’acqua provenienti dalla copertura soprastante o dalla terrazza esterna. Poi c’è la cartella contenente la corrispondenza con il servizio di Igiene e Sanità pubblica dell’Ulss, in cui l’oggetto è la richiesta di certificazione igienico-sanitaria dell’alloggio e dove è lo stesso Sils a sollecitare interventi «volti ad eliminare le cause delle infiltrazioni».
In decine di appartamenti di via Gavagnin, via Vian e via Ponti, le “case marroni” del quartiere Pertini, gli inquilini custodiscono questi faldoni che testimoniano anni di richieste di manutenzione e messa a norma degli appartamenti in cui vivono. «Una volta bastava chiamare i pompieri e sapevamo che sarebbe venuto qualcuno a verificare le infiltrazioni - spiega una signora residente in via Gavagnin - ma ora non è più cosi e per ottenere qualcosa dobbiamo rivolgerci direttamente all’Ufficio igiene». In alcuni alloggi gli ambienti erano così malsani da mettere a repentaglio la salute degli stessi inquilini. «La muffa fa male, io qua avevo le infiltrazioni che arrivavano fino al bracciolo del divano e sul termosifone della camera ad un metro dal letto – racconta Luana De Rossi, prima firmataria della petizione indirizzata al Consiglio comunale lo scorso dicembre per chiedere interventi urgenti di manutenzione degli appartamenti del Pertini amministrati da Insula, per i quali l’amministrazione comunale ha messo a bilancio 300mila euro.«Per farmele sistemare – prosegue Luana - ho preso un giorno di ferie, sono andata a Venezia da Insula e le prima cosa che ho fatto è stata quella di appoggiare il mio telefono sopra la scrivania e di avvertire i presenti che avrei registrato l’intera conversazione. Mi sono sentita rispondere che mi avrebbero denunciata e che non c’erano i soldi per sistemare gli alloggi perché mancavano i fondi dal Comune. A quel punto ho avvertito che avrei buttato giù tutte le porte degli appartamenti vuoti del mio palazzo e che mi sarei installata nel primo che avessi trovato in condizioni migliori del mio. Dopo qualche minuto, mentre stavo tornando a casa, mi hanno richiamato per dirmi che avevano trovato i fondi per sistemare il mio alloggio».
Nei verbali delle assemblee condominiali, anche quelli gelosamente conservati dagli scrupolosi inquilini delle case marroni, si parla del rischio di cedimento dei terrazzi, dei calabroni che d’estate entrano negli appartamenti dai tetti, dei ritardi nella sostituzione delle caldaie che non funzionano o delle continue richieste di sostituzione degli infissi e dei portoncini di ingresso. «Richieste che vengono respinte perché non ci sono i soldi – spiega un inquilino – e a noi non è permesso nemmeno di sostituirli a spese nostre perché ci dicono che questo rovinerebbe l’estetica degli edifici».
IL PARADOSSO
Il paradosso è che questi edifici, costruiti con materiali edili di bassa qualità nel 1984, sono ancora in fase di accatastamento. «Non siamo ancora registrati al catasto, in pratica viviamo in alloggi pubblici abusivi che sulle carte nemmeno esistono perché qui risultano esserci solo campi - osserva Luana De Rossi – però in compenso in 35 anni che abitiamo qui nulla ha impedito a chi li amministrava di stipulare i contratti di affitto e di riscuotere i canoni di locazione». Canoni che a seconda del reddito degli inquilini e della tipologia di alloggio possono variare da un minimo di trenta, quaranta euro per chi risulta nullatenente, fino ad un massimo di 500 euro mensili. «Che non sono nemmeno pochi soldi - commenta un residente - considerando lo stato di degrado assoluto in cui si trovano questi appartamenti».
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