«L'infarto oggi si può prevenire grazie al kit salvavita»: le tre cose che bisogna assolutamente fare

Ricerca coordinata dal dottor Fauso Rigo di Mestre con l'Istituto di ricerca San Camillo del Lido e la Fondazione Villa Salus

Martedì 24 Ottobre 2023 di Maurizio Dianese
Il cardiologo Fausto Rigo

VENEZIA - Prevedere l'infarto? Oggi si può. Sufficienti un'ecografia, un controllo del colesterolo Ldl e una bella scheda "familiare" che permettono di individuare i soggetti ad alto rischio. E di salvarli. È questo il kit salvavita messo a punto dopo anni di studio e una recentissima ricerca su 500 pazienti dal gruppo di lavoro coordinato dal dottor Fausto Rigo assieme all'Istituto di ricerca San Camillo del Lido e alla Fondazione Villa Salus. Con qualche centinaio di euro insomma si potrebbero salvare un sacco di persone. «Ne abbiamo salvate esattamente 21 su 516. Ventun pazienti totalmente asintomatici, che non avevano mai sofferto di nulla e che si sentivano in perfetta salute. A 18 di loro è stato necessario impiantare immediatamente uno stent e 3 sono stati sottoposti a by pass coronarico. Se non si fossero iscritti al nostro progetto non li avremmo salvati».
Il punto è proprio questo, spiega Rigo, e cioè che molte persone si sentono bene, non accusano disturbi di nessun tipo e quindi non si fanno controllare, purtroppo. «Ecco, il mio sogno è esattamente questo: cercare di ridurre la mortalità pre-ospedaliera così come siamo riusciti negli ultimi vent'anni a ridurre quella intra-ospedaliera, passando dal 24 al 7/8 per cento e questo grazie alla rete per l'infarto messa a punto dalla Regione Veneto e all'angioplastica.

Ma è l'infarto occasionale, quello che non riesce nemmeno ad arrivarci in ospedale, ad avere una mortalità altissima, che arriva al 30 per cento. E siccome ormai siamo in possesso di farmaci in grado di fare miracoli, basta solo che riusciamo ad individuare per tempo i soggetti a rischio. Il primo passaggio è la familiarità».

EREDITARIETÀ
Non solo il colore degli occhi o la calvizie, Dai genitori e dai nonni ereditiamo infatti anche le malattie. O, meglio, la predisposizione alle malattie. E saperlo è sufficiente per evitare che la predisposizione si trasformi in malattia vera. La scoperta non è nuova, è da tempo che la medicina si è accorta che i fattori ereditari sono determinanti, solo che, finora, almeno per quanto riguarda il cuore, non si era arrivati a mettere a punto un vero e proprio protocollo per la predizione delle malattie, una sorta di kit della salvezza. Rigo, già primario a Mestre, in realtà confessa che erano anni che voleva fare uno studio sul campo proprio a partire dal concetto della ereditarietà: «Ho tentato in tutti i modi di farlo nel pubblico, ma solo l'incontro con Mario Bassano, l'amministratore delegato della Fondazione Villa Salus e dell'Ircss San Camillo, mi ha permesso di passare dalla progettazione alla realizzazione di questo studio. Il dottor Bassano ha capito al volo le potenzialità di questo studio, in grado di diminuire l'impatto che hanno le malattie cardiovascolari sulla nostra popolazione. Bisogna ricordare infatti che sono la prima causa di morte. Poi Banca Ifis è stata determinante nel metterci a disposizione il budget necessario per i primi 600 pazienti. Vorrei arrivare almeno a mille in realtà, ma già i dati su questi primi 500 sono più che incoraggianti. E siccome man mano ho comunicato i risultati ai quali era giunta la mia equipe ai colleghi di tutto il mondo, ecco che il 27 e 28 ottobre a Venezia si terrà un meeting internazionale di cardiologi dove porteremo e condivideremo con i maggiori esperti mondiali questi risultati».

L'INDAGINE
Lo studio ha ampliato la ricerca sui fattori di rischio. Prendiamo ad esempio il colesterolo. «Fino ad oggi si è preso in considerazione il colesterolo totale e cioè l'Ldl e l'Hdl ovvero il cattivo e il buono. Si fa un calcolo, questo meno quello, ci si aggiunge i trigliceridi e il gioco è fatto. Peccato che l'unico che conta sia il colesterolo cosiddetto cattivo. Cioè l'Ldl. È quello che crea l'ispessimento dei vasi arteriosi e non c'è colesterolo buono che lo possa togliere efficacemente di mezzo, purtroppo. Certo, l'Hdl non è inutile, qualcosa fa, ma non è risolutivo come si continua a pensare anche fra i medici. Sarebbe un gran passo avanti se riuscissimo a convincere che è l'Ldl che conta quando calcoliamo i fattori di rischio. Poi certo bisogna tener conto anche di tutti gli altri, il diabete, la sedentarietà, l'alimentazione. Ma ereditarietà e colesterolo sono fondamentali per mettere a punto una diagnosi fatta su misura per il singolo paziente. Lo dico da tempo, ma adesso c'è l'evidenza scientifica ed abbiamo tutti gli strumenti per farlo. E sono strumenti a basso costo. È sufficiente un'ecografia di terzo livello infatti per avere a disposizione un'altra tessera fondamentale per la diagnosi personalizzata. È un esame strumentale grazie al quale vediamo gli indici di contrattilità ed elasticità del muscolo cardiaco, come si contrae e si rilascia e poi valutiamo come scorre il sangue dentro le coronarie principali. Così individuiamo il paziente sospetto di coronaropatia. Solo a questo punto lo indirizziamo verso esami più costosi e invasivi come la Tac o la coronarografia".
Quindi Ldl, ecografia, e storia clinica della famiglia d'origine. E una volta individuati i soggetti a rischio è possibile intervenire.

MEDICINALI
«Faccio un solo esempio. Oggi esistono nuovi farmaci in grado di azzerare il colesterolo cattivo da proporre a coloro che non tollerano le statine. Uno è l'inibitore di proteine specifiche del fegato( pcsk9). Si fa due/tre volte all'anno una iniezione sottocutanea ed è sufficiente. Perché non lo si fa? Perchè costa molto». Più di 400 euro ad iniezione. Ma se non si azzera il colesterolo, va a finire che al paziente bisognerà prima o poi applicare qualche stent o se va male qualche bypass e lì sì che i costi esplodono. Per l'intervento e per i farmaci da assumere per tutta la vita. E c'è altro per chi non sopporta le statine? «Compresse di acido bempedoico. Negli Stati Uniti in Europa lo usano da anni. Qui da noi ci vuole il piano terapeutico».
Anche in questo caso la spiegazione è semplice: una confezione di acido bempedoico costa 120 euro per 28 compresse, contro i 7 euro delle statine. «Sicuramente i costi sono alti, ma quel che vorrei fosse chiaro è che per ogni paziente va scelto il farmaco giusto. Se si può, indipendentemente dal costo. L'importante è avere chiaro che non esiste la prevenzione uguale per tutti, così come la cura uguale per tutti. La grande novità di questo convegno è che vuole indicare con più esattezza possibile i fattori di rischio e ribadire che l'infarto oggi colpisce sempre più giovani apparentemente sani e con pochi fattori rischio. E non a caso tra i promotori figura il professor Alberico Catapano che è un luminare milanese dell'approccio preclinico all'aterosclerosi. Con noi ci sarà anche Filippo Crea, direttore della cardiologia del Gemelli di Roma e responsabile scientifico del Giornale europeo di cardiologia. Puntiamo a divulgare ovunque il nuovo approccio diagnostico e terapeutico personalizzato perché così potremo cambiare la vita di molti giovani».
 

Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 07:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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