VENEZIA - I più vistosi erano sulle porte in legno delle botteghe di Rialto, lato Canal Grande. Un tag bianco con una faccina sorridente che aveva spinto gli attivisti di Venessia.com, armarsi di pennello e vernice e ricolorarle di verde. Ma altre nuvolette - tanto simili a quelle dei dialoghi dei fumetti - erano comparse anche sui muri del Fontego dei Turchi e in altre zone della città. A firmare i graffiti il writer tedesco Mc Bello: immortalato dalla miriade di telecamere che controllano quanto succede nelle zone nevralgiche della città, era stato visto e riconosciuto. Ora, su di lui, il sostituto procuratore Davide Nalin ha aperto un fascicolo indagandolo per imbrattamenti.
La situazione dei muri di Venezia
Era agosto quando le nuvolette sorridenti di Mc Bello avevano fatto la loro comparsa a Venezia. Prima sul Ponte simbolo sul Canal Grande, poi sul Fontego dei Turchi e di seguito in altri punti della città. Il fatto che Rialto fosse stato messo a posto da poco, cancellando i disegni realizzati con bombolette spray, aveva riacceso il dibattito sulla situazione dei muri della città d’acqua, sempre più spesso scambiati per tavolette sulle quali lasciare la propria impronta, quasi sempre non artistica. Anche perché a settembre era toccato alle vetrine interne di due storiche attività di Rialto venire imbrattate da un uomo e una donna identificati dalla polizia locale. «Quando questi vandali vengono presi, una tirata d’orecchi non basta, così come sono un’ulteriore offesa giustificazioni del tipo “non sapevo che fosse così vecchio” - aveva tuonato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia - Occorre una risposta ferma della legalità. Se occorrono nuovi strumenti li si individuino e si attuino in fretta» concludeva il presidente.
La differenza tra Mc Bello e Banksy
Quella di Mc Bello è una situazione diversa dal caso di Banksy. Lo street artist inglese era stato indagato dalla magistratura a maggio 2019 quando, sulla parete di un edificio disabitato da anni sopra il rio di Ca’ Foscari, aveva disegnato l’ormai celebre “Bambino migrante”. Segnalato dalla Soprintendenza, quasi costretta a farlo visto che l’opera è stata realizzata su un palazzo vincolato, Banksy era però stato archiviato dall’accusa di danneggiamenti in quanto la stessa procura lo aveva classificato come arte. La richiesta di archiviazione infatti recitava che «anche se illegittimamente realizzato, risulta rientrare nelle disposizioni tutela della stessa legge» non si tratta «di danneggiamento né di deturpamento della facciata del palazzo». L’opera, ora, verrà restaurata anche se il suo destino era, forse, quello di sparire.