Fine dell'incubo a Santo Domingo
«Ho visto la morte in faccia»

Martedì 20 Gennaio 2015 di Gabriele Pipia
Fine dell'incubo a Santo Domingo «Ho visto la morte in faccia»
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SALZANO - «A Santo Domingo ci sono molti italiani. Alcuni lavorano, altri fanno la bella vita godendosi la pensione. Io non ho fatto né l'uno né l'altro, me ne sono capitate di tutti i colori ed eccomi di ritorno in Italia. Senza un euro, senza un lavoro e senza una casa». Quando Giovanni Orti dice «senza un euro», il suo non è un modo di dire: il 59enne di Salzano è rientrato a casa con un volo pagato dai famigliari dopo aver perso tutto quel che poco che aveva.

INCUBO. Prima la rapina a mano armata, poi il caso diplomatico legato all'ambasciata chiusa, infine le notti passate da solo in un parco.

Altro che paradiso: per lui l'avventura nel Centro America si è rivelata piuttosto un inferno. Era partito nel 2013 con grandi speranze, ora eccolo di nuovo a Salzano. È ospite di alcuni famigliari, presenta una lunga barba che lo rende quasi irriconoscibile («Non avevo nemmeno i soldi per una lametta») e soprattutto non ha alcuna certezza per il futuro.

DISOCCUPATO. La storia di Giovanni Orti è una delle tante di disoccupati italiani che salgono su un aereo sperando di potersi rifare una vita, ma venti mesi dopo il suo mesto ritorno in patria rappresenta la fine del sogno e l'inizio di un nuovo incubo. «Dove vado a dormire? Come mi mantengo? Non ho soldi, non ho una macchina, non ho niente di niente», racconta con un filo di voce, in attesa di essere ricevuto dagli assistenti sociali. Oltre dieci anni fa lavorò come addetto alle pulizie negli ospedali di Mirano, Dolo e Noale, successivamente aprì un ristorante a Camposampiero, in provincia di Padova, ma l'attività andò male. Si trasferì a Volpago sul Montello, rimase ospite per qualche mese in un'azienda agricola e poi decise di cambiare vita.

IL VOLO. «Nell'aprile del 2013 sono volato in Repubblica Dominicana, ospite di alcuni amici di famiglia. Chi immagina mare, feste e bella vita si sbaglia di grosso. Vivevo immerso tra i campi nella provincia di El Seibo e ho cercato qualunque tipo di lavoro. Lì ci sono molti agricoltori impegnati con il cacao, ma non c'era nulla da fare. Dopo più di un anno ho lasciato il tetto sotto cui stavo, non potevo essere mantenuto all'infinito. Perché non sono tornato prima in Italia? Significava arrendersi, ho provato a resistere».

LASTRICO. Una rapina in mezzo alla strada l'ha mandato sul lastrico: «Mi hanno puntato un coltello e una pistola portandomi via orologio, telefono e i pochi soldi che mi ero messo da parte. Sono vivo solo per fortuna. La Polizia mi ha lasciato davanti all'ambasciata italiana di Santo Domingo, che però è chiusa e non riaprirà più». Giovanni ha dormito quasi una settimana tra giardini e panchine, mentre i giornali locali si interessavano alla sua storia e a Salzano cresceva la preoccupazione: «Vedendo certe foto non potevamo certo stare tranquilli», confida un famigliare.

Due italiani residenti nell'isola caraibica l'hanno aiutato portandogli da mangiare e trovando una sistemazione provvisoria in un hotel, grazie ad un aiuto economico domenica mattina è potuto atterrare a Milano dopo nove ore di volo.

IN ITALIA. Completamente frastornato, ha viaggiato in treno verso Mestre, ora è temporaneamente da alcuni famigliari con una convinzione: «Nessuno può ospitarmi a lungo. Non ho niente, ma per lavorare sono disposto a tutto». Tornerebbe mai a Santo Domingo? «Per il clima e per la gente sì, ma non c'è lavoro e il costo della vita è cresciuto molto. Lì ho solo perso tempo». Ora, a quasi sessant'anni e senza niente in tasca, c'è una vita da reinventarsi.

Ultimo aggiornamento: 19:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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