Fioristi contro i fruttivendoli che vendono piante "abusive": «Furbate, per noi calo del 20%»

Mercoledì 27 Ottobre 2021
Samuele Seno (Confartigianato)

VENEZIA - Nell'occhio del ciclone questa volta ci sono finiti alcuni fruttivendoli della città, troppo spesso pronti ad accostare ai loro tradizionali prodotti di vendita, quali frutta e verdura, anche piante d'ogni specie e forma, che di commestibile hanno davvero ben poco. Una «furberia» che in Samuele Seno, fiorista della Confartigianato lagunare con sede a San Lio, di amaro in bocca ne sta lasciando parecchio, esattamente come negli altri colleghi della propria categoria.

Il disagio è grande e Seno non ne fa mistero nei confronti di un problema ormai sempre più diffuso, tanto da essere diventato addirittura «una furba prassi». 


ORMAI UNA PRASSI

Da episodio sporadico, dunque, ad una condizione a cui si tende ad assistere di norma, tanto nei periodi dell'anno normali quanto in quelli legati a determinate festività e ricorrenze. Come nel caso del 2 novembre, oramai alle porte, quando la gente acquista fiori da portare in cimitero per commemorare i defunti. «Si tratta di concorrenza sleale - dichiara Seno - che nemmeno in questo momento dell'anno si ferma, anzi si diffonde». E la cosa non è di poco conto, poiché per chi vende esclusivamente piante e fiori ornamentali per mestiere, con tanto di regolare licenza e lunga esperienza alle spalle nel settore, convivere con questa prassi improvvisata non è soltanto sinonimo di scorrettezza tra operatori, ma è pure un danno economico non indifferente. 


I DATI

D'altronde basta fare quattro conti, tenendo in considerazione alcuni dati forniti da Confartigianato, che tra centro storico e Venezia insulare conta una ventina di cosiddetti decoratori con fiori. Si pensi che la concorrenza dei fruttivendoli sul fatturato medio può incidere sistematicamente, nell'arco di un'intera annata, anche del 15-20 per cento, quando le vendite extra dei fioristi (quelle cioè legate a periodi particolari, quali la festa della mamma, quella della donna e del bocolo e commemorazione dei defunti) influirebbero addirittura del 65-70 per cento. 


LA PROTESTA

Insomma, dopo il fenomeno della vendita abusiva delle mimose, già condannato in passato da Confartigianato, si aggiunge in città un'ulteriore concorrenza sleale che Samuele Seno commenta così: «È come se noi fioristi ci mettessimo a vendere anche bottigliette d'acqua, con la scusa che potrebbero servire per innaffiare. Oppure frutta e verdura definendole vegetali ornamentali. Evidentemente porteremmo via clienti ad altri operatori». E aggiunge: «Il Comune si sta impegnando per il decoro della città e parla di una stretta sul commercio contro i negozi di paccottiglia, annunciando l'estensione degli ambiti di tutela anche oltre l'area marciana e di Rialto, per limitare i negozi di cianfrusaglie. Bene, faccia un piccolo sforzo in più per stabilire anche delle regole definitive sulla questione dei fiori (bocolo e mimose compresi). Perché se uno vende commestibili, non può vendere anche ciò che non lo è, o viceversa». 
 

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