A 25 anni dal rogo. «Quella notte Cacciari disse "Salvami la Fenice!" Ma era impossibile: gli risposi che avrei fatto di tutto per salvare la città»

Venerdì 29 Gennaio 2021 di Gianluca Amadori
A 25 anni dal rogo. «Quella notte Cacciari disse "Salvami la Fenice!" Ma era impossibile: gli risposi che avrei fatto di tutto per salvare la città»

«Quella notte Cacciari disse "Salvami la Fenice!" Ma era impossibile: gli risposi che avrei fatto di tutto per salvare la città». Il 29 gennaio del 1996 l'ingegner Alfio Pini era comandante dei Vigili del fuoco di Venezia e fu lui a dirigere le drammatiche operazioni di spegnimento del teatro.

Oggi ha 72 anni ed è in pensione, dopo una carriera lunga 40 anni nel corso della quale ha ricoperto ruoli importanti a Napoli, Bologna, Roma e infine quello di direttore regionale dei Vigili del fuoco del Veneto e Trentino Alto Adige.


«Ricordo quella sera come fosse oggi - racconta - Ero in ufficio quando ho sentito l'altoparlante lanciare l'allarme per fuoco vicino alla Fenice e la prima squadra è partita: mi sono preparato, ho messo gli stivali e con la seconda squadra sono arrivato subito in campo San Fantin. Siamo saliti per le scale, verso le sale Apollinee per renderci conto che le fiamme erano già molto forti: la prima sensazione fu di impotenza. Abbiamo portato fuori alcune bombole che sarebbero potute esplodere».


Il fuoco era già indomabile?
«Contenere le fiamme in un teatro è difficilissimo, praticamente impossibile perché è tutto legno. Lo sapevo già, perché in precedenza avevo vissuto un'esperienza con il teatro di Parma. Inoltre alla Fenice erano in corso lavori di ristrutturazione ed erano state utilizzate resine altamente infiammabili; nel sottotetto c'era la scenografia, con materiali di tutti i tipi. Il teatro di sarebbe potuto salvare soltanto intervenendo pochi minuti dopo l'innesco, ma l'impianto antincendio interno era stato disattivato in concomitanza con i restauri e la vigilanza si dimostrò non essere stata adeguata: l'allarme fu dato molto più tardi, da alcuni poliziotti che dall'esterno di accorsero che usciva del fumo. Troppo tardi».


I canali attorno alla Fenice erano all'asciutto perché erano in corso le operazione di scavo dai fanghi.
«Un grosso problema: per trovare l'acqua necessaria a spegner le fiamme dovemmo stendere tubi fino al Canal Grande: non è stato facile. Ho fatto entrare in funzione l'elicottero soltanto quando il tetto della Fenice è crollato, prima non era possibile: da quel momento, grazie a piloti straordinari, sono stati fatti un centinaio di passaggi, riversando mille litri di acqua ad ogni lancio, per soffocare il fuoco e limitare il movimento ascensionale del calore che può diffondere tizzoni ardenti a grandi distanze: alcuni pezzi sono stati rinvenuti addirittura alla Giudecca».


Quella sera c'era un forte vento di bora con il rischio che le fiamme potessero aggredire altri palazzi.
«Per tutta la notte abbiamo lottato dai tetti delle case attorno al teatro per raffreddarli con acqua ed evitare che il fuoco si propagasse: il mio pensiero in quei momenti è stato quello di proteggere la gente, la città; di circoscrivere la zona. Squadre di vigili del fuoco sono arrivate anche da fuori provincia: hanno dimostrato grande professionalità, che ci è stata riconosciuta a tutti i livelli. Non abbiamo nulla di cui rammaricarci: è stato fatto tutto il possibile»


Dal processo è emerso che si è trattato di un incendio doloso: mai stati dubbi?
«Abbiamo ricostruito l'incendio attraverso analisi e modelli costruiti anche grazie a filmati e fotografie; poi l'inchiesta ha trovato altri elementi: c'erano tutte le prove. Sono convinto che gli elettricisti che sono stati condannati non volessero distruggere il teatro: volevano creare un piccolo danno, ma la cosa è sfuggita loro di mano».


Oggi Venezia è protetta da una rete antincendio: la Fenice si sarebbe salvata se fosse stato realizzato prima?
«Intervenendo in quella fase, ad incendio già divampato, il teatro non sarebbe stato salvato comunque. Ma è grazie al rogo della Fenice se oggi la città ha la rete antincendio unica al mondo: se ne parlava da anni e si è riusciti a realizzarla soltanto a seguito del clamore mediatico dell'incendio. Ed è utilissima per proteggere una città molto fragile ed esposta al rischio di incendi».


Ancora, però, non si è riusciti a risolvere il problema delle scale antincendio.
«È vero. Io ci ho provato per anni. Nelle altre città con le autoscale si riesce a salire fino a 60 metri: a Venezia ci sono solo le scale manuali che consentono di raggiungere i 10 metri, con conseguenti grandi problemi per operare quando le fiamme divampano ai piani alti, in un centro storico nel quale è già difficile muoversi. Al Ghetto, ad esempio, in passato abbiamo avuto grosse difficoltà. Speriamo non ci voglia un altro incendio...».

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