Negli scatti di Bachmann
il mondo di Federico Fellini

Venerdì 13 Dicembre 2013 di Gianpaolo Bonzio
Una delle immagini della mostra
MESTRE - Mentre Fellini cerca di spiegarsi, Mastroianni tenta di assimilare le sue indicazioni. «Mi ascoltava come pochi ascoltano - dirà poi il regista romagnolo - con una delicata finezza». Il fotografo tedesco Gideon Bachmann è riuscito a cogliere in modo esemplare gli sguardi di due protagonisti del cinema italiano e queste foto fanno parte della mostra "8 ½, il viaggio di Fellini" che raccoglie un centinaio di scatti realizzati durante la lavorazione del celebre film avvenuta 50 anni fa. In occasione del ventennale della morte di Fellini, il centro Candiani di Mestre ha allestito questa esposizione in bianco e nero che rimarrà aperta fino al 19 gennaio 2014.



Bachmann, critico cinematografico e anche documentarista di fama internazionale, sostiene che quelle immagini rappresentano più che il film quello che accadeva durante le fasi della lavorazione.



Cosa ricorda di quel periodo?

«Ero giovane - sorride il fotografo - e mi ero concentrato soprattutto sui volti dei protagonisti. Le loro facce testimoniano le varie fasi della lavorazione, in queste cento foto scelte non ci sono le scene del film».



Come lavoravate in quegli anni?

«Non amo molto la tecnica, nella fotografia bisogna avere prevalentemente uno sguardo. Spesso ho lavorato con macchine inferiori all’attuale digitale, ma il risultato è stato interessante. Di quell’esperienza ricordo che ogni mattina salivo sulla mia Fiat 500 e andavo sul set a Ostia, alcune volte veniva direttamente Fellini a prendermi con la sua Jaguar».



E del film cosa ricorda?

«Ora viene considerato un monumento del cinema italiano, ma a quel tempo posso garantire che era un film come un altro. Io ero arrivato da Fellini perchè la "Dolce vita" negli Stati Uniti aveva fatto scandalo e così una rivista mi aveva incaricato di fare un servizio».



Come giudica l’opera di Fellini?

«Il suo viaggio più importante è stata la partenza da Rimini. Poi negli anni, penso ad Amarcord, è tornato alle origini della sua terra, raccontando anche la sua infanzia. Anche la scelta delle persone da utilizzare nel set derivava proprio da queste immagini e sensazioni che lui aveva nella memoria. Ricordo che un giorno, a Roma, vide un ragazzo con i capelli rossi e subito gli propose di partecipare ad un suo film. Il ragazzo era un po’ sorpreso "Scusi, ma lei chi è?". E Federico con quella sua vocina "Sono Fellini"».
Ultimo aggiornamento: 16:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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