Edilizia, in Veneto imprese sospette: invischiato con l'illegalità l'80% di quelle nate durante la pandemia

Mercoledì 9 Febbraio 2022 di Angela Pederiva
Edilizia, in Veneto imprese sospette: invischiato con l'illegalità l'80% di quelle nate durante la pandemia
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I numeri forniti dal generale Giovanni Mainolfi, comandante regionale della Guardia di finanza, sono decisamente allarmanti per il Veneto. In due anni di emergenza Covid, nel settore dell'edilizia sono spuntate circa 7.000 nuove aziende, generando una galassia di imprenditori e di loro contatti in cui sono stati individuati 5.834 soggetti che hanno problemi con la giustizia e altri 150 che hanno precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso. Dunque l'80% delle ditte neonate, e spesso allettate da affari come il Superbonus 110%, in qualche modo è invischiato con l'illegalità: un fenomeno che preoccupa e indigna un settore in piena ripresa.

Nascita anomala di imprese edili in Veneto

Secondo la rilevazione effettuata in gennaio da Ance Veneto, l'incentivo fiscale introdotto dal decreto Rilancio ha visto asseverati 12.646 interventi edilizi, per un valore di 1,6 miliardi di euro. I numeri galoppano, dal momento che a ottobre l'analisi di Cna Veneto aveva registrato 7.237 progetti per 953,4 milioni. Su questo bottino hanno puntato gli occhi anche imprese sospette, coinvolte direttamente o indirettamente in irregolarità di natura amministrativa o penale. È su questa opacità che il comando regionale delle Fiamme gialle ha voluto accendere un faro nella primavera del 2020, ponendosi una semplice domanda in pieno lockdown: siamo davvero sicuri che sia tutto fermo? I finanzieri hanno scoperto che, nel periodo in cui era difficile muoversi perfino per effettuare la manutenzione dei macchinari, veniva riscontrata una nascita anomala di imprese. Eroi coraggiosi? Non proprio. O non solo, quanto meno. Le indagini sui 7.000 nuovi imprenditori hanno permesso di ricostruire una rete più ampia, formata da fornitori di materiali, prestanome di vario genere, proprietari di capannoni o uffici dati in affitto, prestatori di capitale e così via. In questa nebulosa di relazioni sono stati identificate le 150 persone con precedenti per mafia e le altre 5.834 con varie pendenze, che spaziano dagli illeciti amministrativi in ambito fiscale, ai reati penali come bancarotta, truffa, rapina, estorsione, usura e traffico di droga. In certi casi erano gli stessi titolari d'azienda ad essere finiti nei guai.

In altri, invece, gli impresari erano puliti ma avevano contatti con individui compromessi con situazioni oscure.

Sospetti anche nella Sanità e nel settoore dei dispositivi di protezione

Il monitoraggio ha riguardato anche altri comparti, come quello della sanità e dei dispositivi, particolarmente esposti durante la pandemia. Ma evidentemente il mattone non è stato da meno, dimostrandosi un settore vulnerabile agli appetiti delinquenziali. Conferma Paolo Ghiotti, presidente di Ance Veneto: «Non è possibile che aziende che un anno fa non esistevano nemmeno, ora acquisiscano lavori per milioni di euro. Non a caso sono quelle stesse che, dopo aver incassato l'acconto del 30% attraverso la cessione del credito, poi spariscono nel nulla. La prima ragione è che in Italia è troppo facile avviare un'impresa edile: basta aprire una posizione in Camera di commercio e pigliare a noleggio un camioncino, mentre per servire un bicchiere di vino al banco del bar occorrono mille adempimenti. La seconda motivazione è che non c'è selezione nell'accesso ai fondi pubblici: un privato è libero di sperperare i propri soldi affidandosi a ditte poco serie, ma lo Stato avrebbe il dovere di fissare dei paletti, in modo da verificare l'affidabilità dei beneficiari».
Aggiunge Giovanni Lovato, numero uno del settore costruzioni di Confartigianato Veneto: «Vediamo società, come general contractor di dubbia provenienza e privi di storia alle spalle, che entrano rapidamente nel mercato e che altrettanto velocemente scappano. Purtroppo le nostre piccole ditte sono meno forti di loro nella gestione della documentazione, presi come siamo dall'ansia di rispettare scadenze molto ravvicinate e nuove procedure burocratiche. Con il rischio, alla fine, di pagare più di tutti il conto delle prescrizioni e dei controlli». Una necessità da cui comunque il mondo delle imprese non vuole chiamarsi fuori, assicura Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto: «Con le Prefetture, la Guardia di finanza e i Carabinieri abbiamo siglato dei protocolli per monitorare questi fenomeni e fornire informazioni utili: è necessario fare squadra».
In quest'ottica rientra anche lo studio condotto dall'economista Marco Di Cataldo dell'Università Ca' Foscari di Venezia insieme al collega Nicola Mastrorocco del Trinity College di Dublino, secondo cui la penetrazione criminale negli enti locali determina un aumento annuo del 14% degli investimenti pubblici nell'edilizia e rifiuti, su cui viene speso quasi un euro su due. «Dopo aver studiato il fenomeno nelle amministrazioni comunali del Sud sciolte per mafia spiega il ricercatore ora ci concentreremo sull'infiltrazione nelle aziende del Nord. Da una parte osservando nel tempo i comportamenti anomali delle imprese, dall'altro monitorando specificamente le persone fisiche che risultano vincitrici degli appalti pubblici».

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Ultimo aggiornamento: 18:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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