JESOLO - Criticare il lavoro degli agenti di polizia non è oltraggio a pubblico ufficiale. A stabilirlo è la sentenza firmata dal giudice del tribunale di Venezia Claudia Ardita che ha assolto un imprenditore padovano, il 62enne Mauro Furlan, denunciato da due vigili di Jesolo per il reato, appunto, di oltraggio a pubblico ufficiale.
IL PROCESSO
Gli agenti hanno testimoniato durante il processo che Furlan si sarebbe avvicinato prima affermando di voler controllare se fossero effettivamente vigili, poi avrebbe avvertito una ragazza di spostare la propria auto durante il controllo. A quel punto l’imprenditore avrebbe esclamato che dovevano vergognarsi, che erano ridicoli, che erano “tristi” e avrebbe chiesto nomi e numeri di matricola degli agenti. Uno di loro ha aggiunto al giudice che al rifiuto di rispondere a quelle richieste, Furlan avrebbe rincarato la dose con un esplicito: «Sei ignorante del tuo lavoro». «Io stavo parlando con l’uomo del carroattrezzi - replica l’imprenditore - e non direttamente con i vigili. A lui ho detto che i ragazzi a cui avevano rimosso le auto sarebbero stati “tristi”, e che lavorare in questo modo era da ignoranti».
«DIRITTO DI CRITICA»
A distanza di un anno da quell’episodio all’imprenditore padovano era arrivato l’avviso di garanzia. Furlan, difeso dall’avvocato Federico Veneri, ha affrontato un processo durato cinque anni. Il giudice ha sposato la tesi del legale, ovvero che quelle non fossero offese od oltraggi alla divisa, ma rimostranze che potevano rientrare nel diritto di critica. «Le frasi pronunciate - scrive la magistrata nella sentenza - al di là della loro inopportunità appaiono rivolte più che a screditare gli operanti a censurare l’atto dell’ufficio. Le frasi oggetto del capo di incolpazione non appaiono di per sé tradursi in un apprezzamento negativo sulla persona del pubblico ufficiale, ma sono piuttosto dirette a muovere una critica all’operato ed in generale al provvedimento posto in essere». La vicenda si è chiusa ma non per Furlan, intenzionato a chiedere i danni al Comune di Jesolo. «Una critica che mi è costata cinque anni di processo, non mi fermerò qui. Non solo: con il mio legale valuteremo se ci siano gli estremi per la responsabilità civile per presentare il conto direttamente agli agenti».
IL PRECEDENTE
Non è la prima volta che l’imprenditore finisce sotto i riflettori della cronaca per una sua battaglia contro le istituzioni: l’anno scorso aveva vinto un contenzioso durato nove anni contro l’agenzia delle entrate, che sosteneva che nel 2013 i suoi ristoranti avessero sfornato più pizze di quelle dichiarate. Un’accusa nata dalla quantità di farina usata nei locali, che aveva trascinato con sé quella di aver omesso nelle dichiarazioni dei redditi circa 600mila euro. Conto che, con il rincaro delle cartelle esattoriali, era salito a 800mila euro. La Cassazione aveva alla fine annullato la maxi multa: gli accertatori del fisco infatti non avevano tenuto conto né degli scarti di produzione, né che con quella farina venivano preparati anche altri prodotti.
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