Covid. Industria: Padova e Treviso produzione in caduta a inizio anno (-6,3%)

Martedì 19 Maggio 2020
Massimo Finco e Maria Cristina Piovesan
Per l'industria della maxi area Padova- Treviso, la produzione è in caduta da inizio anno (-6,3%) con le imprese che segnalano che una su quattro risente di una perdita di oltre il 40%.
Lo rende noto Assindustria Venetocentro che registra un crollo del fatturato sul mercato interno di -10,4%, con perdite attorno al -20% per le imprese più piccole. Migliore tenuta per l'export che contiene il calo (-2,1), con una domanda internazionale debole ma ancora presente nel primo bimestre seguito dalla frenata di marzo. Gli ordini invertono la tendenza debolmente positiva nel 2019 (+0,9%) e cedono terreno, con una netta contrazione del 7% destinata ad allargarsi. Forti tensioni - rilevano gli industriali aderenti a Confindustria - sulla liquidità aziendale e i pagamenti, giudicati in ritardo dal 61% delle imprese (rispetto al 20% stabile nel 2019). Tiene nel complesso il numero degli occupati (-1,6%), grazie al ricorso esteso agli ammortizzatori sociali. Un risultato che non ha precedenti nelle serie storiche disponibili, calmierato dall'attività nei mesi di gennaio e febbraio, cioè prima dell'emergenza Covid-19 e del lockdown. E'
 tuttavia, solo un antipasto. La prospettiva è un ulteriore e più profondo crollo nel secondo trimestre, visto che il blocco delle attività ha effetti pieni: una caduta della produzione industriale e del fatturato (per l'86,1% delle aziende) che nella media del primo semestre sarà superiore al -20% per oltre metà delle imprese (54,6%), superiore al -40% per una su quattro (26,9%). In picchiata le vendite in Italia (oltre il -40% per un terzo delle imprese), a marzo e aprile di fatto congelate.  Non c'è l'export a salvarci: il 69,7% delle aziende stima una contrazione a fine giugno, che per quattro su dieci sarà di oltre il -20%. Un bollettino di guerra che, in prospettiva, rende più faticoso il parziale recupero, frenato da scorte accumulate, assenza di liquidità e difficoltà di molte imprese, ma rivela anche tratti di tenace resilienza: l'occupazione è stabile (o in aumento) per il 67%, grazie all'esteso ricorso a cassa integrazione e Fis, che permetterà la salvaguardia di posti di lavoro. Nonostante le incertezze, interne ed internazionali, metà delle aziende conferma o irrobustisce i piani di investimento in vista della risalita, ma il 29,4% li riduce di oltre il 40%. Numeri che rendono ancora più urgente un piano anti-ciclico di rilancio, a medio-lungo termine, che metta in moto la leva di consumi e investimenti pubblici e privati, con una drastica semplificazione degli adempimenti. E inverta in tempi brevi l'indice di fiducia che governa le aspettative, prima che la recessione diventi depressione.
IL COMMENTO
«I risultati dell'indagine danno la prima misura effettiva della profondità di impatto del virus sulla manifattura che rischia di allargarsi ancora di più e dell'ingresso in una fase di eccezionali difficoltà economiche - dichiara Maria Cristina Piovesana, Presidente di Assindustria Venetocentro -. Una caduta senza precedenti che mette a rischio la tenuta sociale, anche delle aree più produttive del Paese, del lavoro autonomo e della manifattura, come il Veneto, più colpite anche da un punto di vista economico. Purtroppo la ripartenza sarà incerta e prudente, cosa che vediamo già sia sul fronte dell'export che su quello, congelato, della domanda interna».  «Il rilancio è un intervento corposo e complesso, fatto di integrazioni al reddito, bonus vari, trasferimenti a fondo perduto necessari, ma fin troppo frammentati, per attenuare l'effetto dello shock economico e che dovranno tradursi in aiuti concreti alle persone e alle attività economiche: ulteriori ritardi non saranno più tollerabili. Misure »difensive« per aiutare il Paese a sopravvivere, ma la spinta per il rilancio dell'economia è un'altra cosa. Non si può andare avanti con la politica dei sussidi e gli interventi a pioggia, senza una visione a medio-lungo termine che indichi con chiarezza le priorità del Paese, all'altezza della seconda manifattura d'Europa, che non vuole retrocedere, senza un investimento strategico e mirato nell'industria. Aziende e posti di lavoro non si salvano per legge ma con gli investimenti», sottolinea.
STOP ALL'IRAP
«Lo stop all'Irap di giugno è un primo segnale importante, semplice e automatico - aggiunge Massimo Finco, Presidente Vicario di Assindustria Venetocentro - dopo la proposta del Presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi, da completare con una riforma fiscale complessiva. E anche il rafforzamento di ecobonus e sismabonus. Ma al Governo chiediamo più coraggio e confronto con gli imprenditori e meno compromessi politici al ribasso. Più vicinanza ai produttori, da Nord a Sud, e meno pulsioni assistenziali per accelerare la Fase 3 e traguardare una nuova idea di Paese: dal fisco alle infrastrutture, dal lavoro alle reti, dalla sostenibilità alla mobilità. Chiediamo di ricorrere a tutte le risorse europee, comprese quelle del MES per spese sanitarie, in modo da liberare spazi di bilancio da destinare a investimenti nella ripresa del sistema produttivo. A cominciare dalla vera e propria abolizione dell'Irap (per il Veneto 2 miliardi di euro), dal pagamento di tutti i debiti della PA verso le imprese e sblocco delle opere pubbliche già finanziate. E dal rilancio con più risorse del Piano Industria 4.0 visto che a questa crisi sopravviverà chi investirà. E l'unica strada per impedire che a un debito verso il 160% si accompagni in autunno l'esplosione di una vera emergenza sociale». «Subito una norma - chiosano Piovesana e Finco - che fughi ogni dubbio interpretativo che, in caso di contagio, non c'è responsabilità civile penale dell'imprenditore che rispetta i protocolli di tutela della salute e della sicurezza».


 
Ultimo aggiornamento: 16:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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