Spiagge: da Jesolo a Bibione tutto pronto per ripartire, ma piovono solo disdette

Venerdì 24 Aprile 2020 di Maurizio Dianese
Foto Pexels
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VENEZIA - È tutto pronto per non...riaprire. Perchè sì, ci sono le ruspe al lavoro in spiaggia, gli operai che riparano i danni delle mareggiate di novembre, quelli che pitturano le staccionate e quelli che oliano le saracinesche, ma è come se una squadra di calcio avesse gente al lavoro per rimettere a nuovo gli spogliatoi e ancora non sapesse se i giocatori scenderanno in campo. E qui parliamo di quasi 25 milioni di giocatori che non si sa se quest'anno si presenteranno o no alla convocazione per la tintarella sul litorale veneziano. «Il Veneto fa 50 milioni di presenze turistiche all'anno, metà sono turismo di mare - snocciola Alessandro Berton, presidente di Unionmare Veneto, che riunisce i balneari italiani ovvero tutti i Consorzi degli arenili e i campeggi di Cavallino e Treporti - Basti dire che, dopo Rimini, che totalizza 7 milioni di presenze, c'è il Cavallino con 6, Jesolo e Bibione con 5 milioni e Caorle con 4 e mezzo. Sulle 20 località di mare ai primi posti in Italia, noi ne abbiamo 7 in Veneto, che è la prima regione turistica in Italia. Il nostro settore vale quasi 20 miliardi di euro all'anno, non so se mi spiego». Perfettamente. L'ultima manovra del Governo era pari a 30 miliardi, dunque se salta l'intero settore del turismo, sarà un disastro. Per il litorale, per il Veneto e per l'Italia. «La nostra preoccupazione vera è per i dipendenti. Perché l'imprenditore, siamo seri, non muore di fame, va in difficoltà se perde la stagione, soffre tantissimo, ma sopravvive. Chi rischia di non sopravvivere invece è lo stagionale. Ecco perché, nonostante tutte le perplessità, i dubbi, le incertezze dei nostri associati io spingo sul tasto dell'etica. Non possiamo tirarci indietro, dico ai miei associati, dobbiamo cercare di riaprire. Quella degli stagionali è una bomba sociale innescata. E lascio perdere le contumelie di chi sul web ci attacca e dice che pensiamo solo ai schei. Semplicemente non è vero, se pensassimo solo ai soldi resteremmo chiusi». 
«COSÌ È IMPOSSIBILE»
Proprio così. «Io lavoro a più non posso per riaprire, ma oggi penso proprio che non riaprirò dice, con la schiettezza che lo contraddistingue, Marco Michielli, presidente regionale di Federalberghi, circa 700 hotel da Sottomarina a Bibione - Come associazione di categoria dobbiamo fare l'impossibile per riaprire i battenti degli alberghi. Il problema è come riapriamo. Stiamo chiedendo da tempo di avere un protocollo sanitario valido per tutta l'Italia. Ovvero un elenco dettagliato delle cose che devo fare come albergatore per essere al riparo da eventuali richieste di danni». Una sorta di garanzia, di assicurazione con timbro del Ministero della salute? «Sì, qualcosa che ci consenta di lavorare tranquilli e di non essere in balia di norme che variano da Regione a Regione o da Comune a Comune. Se ottenessimo questa sorta di patente di sanità, credo che potremmo riaprire. Però...» Però? «Siamo in Italia e nessuno mi toglie dalla testa che basta la distrazione di un millesimo di secondo per trovarsi nei guai. Posso girare l'albergo dalla mattina alla sera a controllare che tutti abbiano la mascherina, ma se poi uno mi fa la foto del cliente che si è tolto la mascherina per soffiarsi il naso? La foto fa il giro dei social e io sono rovinato. E poi i bambini, come faccio a tenerli lontani un metro e mezzo uno dall'altro, mentre giocano? L'attività turistica, essendo scambio di relazioni, è incompatibile con il virus, questo è il punto. E poi, se qualcuno si infetta, che cosa devo fare, ospitare tutti per 14 giorni in albergo? Gratis, finchè passa la quarantena? Ecco perchè dico che dobbiamo fare l'impossibile per riaprire, ma il segnale deve venire dal Governo e dev'essere un segnale chiaro, non interpretabile». Intanto il segnale chiaro arriva dalle disdette. A raffica. «Del resto i tour operator stanno riportando i tedeschi in Nord Africa perchè pare che la Germania non metta vincoli alle vacanze in Egitto, ad esempio». E i tedeschi rappresentano in spiagge come Bibione un buon 70 per cento della clientela. E' possibile che gli italiani coprano il buco che si apre con il mancato arrivo dei tedeschi e degli austriaci? «Non credo spiega Michielli - e per un motivo molto semplice e cioè che gli italiani che tornano al lavoro lavoreranno anche in agosto e magari molti si sono già mangiati le ferie in questo periodo di stop forzato. E anche i professionisti, avvocati e commercialisti non solo non vedono un cent da due mesi, ma sarà dura che incassino qualcosa nei prossimi due. E poi c'è chi è andato in cassa integrazione, non credo che possa permettersi una vacanza». 
 

 

Insomma per gli alberghi non si profila un gran momento. «Chi ha fatto la formichina reggerà senza grossi problemi, chi invece ha appena finito un grosso intervento di restauro, sarà in difficoltà e dovrà decidere fra una perdita sicura e un introito molto incerto.
In ogni caso penso che se riapriamo tutti, ci dividiamo le spoglie di un turismo comunque in affanno. Forse la soluzione potrebbe essere quella di fare come per gli ombrelloni. Apriamo uno sì e uno no».

Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 11:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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