Andrea Contarini, il Doge controvoglia e la profezia mancata

Lunedì 30 Gennaio 2017 di Alberto Toso Fei
Disegno di Matteo Bergamelli
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VENEZIA - Per quanto possa sembrare strano, non tutti i candidati al dogado – che, giova ricordarlo, non si proponevano ma venivano scelti dal corpo elettorale formato all'interno del Maggior Consiglio – furono felici della propria elezione alla massima carica dello Stato veneziano.

Campione della categoria “non voglio fare il doge” fu sicuramente Andrea Contarini, che visse nel corso del Trecento e fu protagonista di una curiosa serie di profezie. La prima – in realtà una visione – accadde nel corso della sua scapestratissima giovinezza, trascorsa con gli amici tra i bordelli e i conventi della città, dove ragazze di nobile estrazione monacate a forza si concedevano per noia, per mancanza di vocazione, per ribellione: una notte aveva ottenuto un incontro amoroso con una suora di uno dei conventi della Celestia, a Castello.

Proprio al momento di abbracciarla l'occhio gli cadde sull'anello con l'emblema di Cristo che la donna portava al dito, e gli venne di chiederle il significato. Alla risposta che si trattava del simbolo delle nozze col Cristo si pentì del suo gesto e, congedatosi con una scusa dalla giovane monaca, tornando alla sua gondola ebbe la chiara visione di un crocifisso del monastero che al suo passaggio chinò la testa in segno di ringraziamento; narra questa leggenda che in quel preciso momento Contarini seppe per grazia divina della sua futura nomina al soglio ducale.

Fu un episodio che non gli fece fare i salti di gioia se è vero che molti anni più tardi, nel 1368, subodorando una sua possibile elezione, fece arrivare un messaggio a ciascuno dei quarantuno elettori diretti del doge spiegando che non aveva nessuna voglia di assumere la carica. Nonostante i suoi sforzi, risultò eletto (la carica, va opportunamente ricordato, non si poteva rifiutare), ma qualsiasi tentativo di rintracciarlo fu vano.

Fu ritrovato nascosto a Padova; spiegò che in Siria, un giorno, un indovino gli aveva predetto che se fosse stato eletto doge se ne sarebbe pentito amaramente… Ma i notabili della Repubblica furono incrollabili, e gli fecero capire con chiarezza che l’unica cosa di cui avrebbe dovuto pentirsi sarebbe stato semmai il rifiuto della nomina. Contarini divenne dunque doge, reggendo le sorti della Serenissima fino al 1382, e fu un buon doge: sotto di lui ebbe termine favorevole la lunga guerra contro la Repubblica di Genova.

Venezia era assediata fin dentro la laguna: mai nella sua storia la Serenissima aveva corso un pericolo del genere. Andrea Contarini fece una scelta audace: liberò Vettor Pisani, capitano generale, amatissimo dai marinai della Repubblica, finito in carcere proprio a causa di una brutta sconfitta contro i genovesi e salì lui stesso sull'ammiraglia facendosi legare all'albero maestro, guidando la flotta contro l'armata nemica. I soldati di San Marco si galvanizzarono: il doge entrava in battaglia diritto, senza alcuna protezione né possibilità di mettersi al riparo da frecce e proiettili. Ma la fortuna aiuta gli audaci, e Contarini uscì dalla mischia senza nemmeno un graffio. In compenso l'assedio fu forzato e iniziò la controffensiva veneziana che portò alla vittoria finale.

La profezia dell’indovino, dunque, non si avverò. E la famiglia Contarini, alla fine, diede alla Serenissima la bellezza di otto dogi e quarantaquattro Procuratori di San Marco.

(illustrazione di Matteo Bergamelli)
Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 10:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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