Pasquale Cicogna, il doge che frenò le pretese del Papato e fece costruire il ponte di Rialto

Lunedì 6 Giugno 2022 di Alberto Toso Fei
Il doge Pasquale Cicogna visto da Matteo Bergamelli

Il popolo pensava che fosse predestinato a diventare doge. Nel suo bagaglio di leggenda personale vi sono tre episodi che furono tradotti in altrettante profezie legate alla futura elezione: a Corfù, durante la messa, l’ostia consacrata - sfuggita di mano al sacerdote per una folata di vento - era finita proprio nelle sue mani; a Candia, nel corso di una processione, una colomba bianca gli si era posata sulla spalla; un giorno che era a Consiglio, infine, si vide rotolare ai piedi il corno dogale scivolato dal capo del suo anziano predecessore, Nicolò Da Ponte, che si era assopito. Ma, al di là degli aspetti leggendari, Pasquale Cicogna fu un ottimo doge e un uomo di Stato, capace di governare con rettitudine e di affrontare problemi di comando e di organizzazione. Cicogna percorse una straordinaria carriera nello Stato veneziano, affrontando una dura gavetta nelle diverse magistrature, ricoprendo con regolarità delle cariche molto importanti: fu tesoriere della Patria del Friuli tra il 1534 e il 1536; castellano di Corfù tra il 1539 e il 1541; e poi castellano a Lesina, provveditore di Rocca d’Anfo, rettore di Retimo. Ma fu anche provveditore sopra i Banchi, sopraconsole dei Mercanti, e tra il 1556 e il 1557 fu savio sopra le Decime di Rialto. Una carriera che lo vide anche ricoprire il ruolo di podestà e capitano di Treviso fino alla nomina, nel 1567, a duca di Candia, dove trascorse molti anni lasciando un ricordo estremamente positivo e sentito da parte degli isolani, che si sentirono protetti dagli attacchi turchi e ben governati.

Figlio di Gabriele Cicogna e Marina Manolesso, nacque a Venezia il 27 maggio 1509 ed ebbe quattro fratelli (uno dei quali, Marco, morto da eroe a Lepanto) e due sorelle. La sua famiglia - non molto ricca malgrado la nobiltà - faceva parte del gruppo di casate entrato nel Maggior Consiglio nel 1381, al tempo della guerra di Chioggia, ed ebbe possessi oltremare, in particolare a Candia, fino a tutto il XVI secolo. Nel 1548 sposò Laura Morosini, che morì però giovane proprio a Candia, e della quale Cicogna era già vedovo al momento dell'elezione. Prima di diventare doge fu anche podestà di Padova (durante la pestilenza del 1575-77), Procuratore di San Marco e Provveditore all'Arsenale.
La sua elezione avvenne il 18 agosto 1585, dopo un conclave convulso nel quale i diversi elettori erano giunti addirittura alle mani. Al cinquantaquattresimo scrutinio l'accordo fu trovato sul nome di Cicogna, che non figurava nella lista dei concorrenti e fu anzi molto sorpreso dalla notizia, che ricevette mentre si trovava in preghiera nella chiesa dei Crociferi a Cannaregio, che era la sua parrocchia di riferimento e nella quale era molto assiduo. Si racconta che si recò a Palazzo Ducale dove pronunciò cinquanta parole benissimo; il popolo, che si aspettava una munifica distribuzione di denaro da parte del più ricco Vincenzo Morosini (fino a qual momento il candidato più quotato) lo accolse con poco entusiasmo.
Ma i veneziani ebbero il tempo di ricredersi nei dieci anni successivi: il suo dogado trascorse prevalentemente sereno e pacifico, fatte salve le reiterate pretese del papato, che riteneva eccessivamente liberale la politica della Repubblica verso i non cattolici. Pasquale Cicogna, pur essendo religiosissimo, difese sempre con decisione la libertà spirituale di cui potevano godere i cittadini della Repubblica e gli stranieri che vi dimoravano.
E se le manovre turche, dopo la conquista di Cipro, impensierivano i viaggi per mare (così come le incursioni dei pirati uscocchi) e Candia fu colpita dalla peste, Venezia non rinunciò a proseguire la sua politica di abbellimento architettonico, e sotto il dogado di Cicogna furono completate o iniziate alcune opere assolutamente iconiche: il Ponte di Rialto (sul quale sta inciso il nome del doge, e al quale sembrerebbero far riferimento alcuni graffiti del 1588 in Piazza San Marco, relativi alla posa della prima pietra), Le Prigioni Nuove, il Ponte dei Sospiri e lo stesso Palazzo Ducale, in parte rifatto, la chiesa del Redentore e la fortezza di Palmanova.
Pasquale Cicogna morì a Venezia il 2 aprile 1595.

Lasciò un figlio naturale, Pasquale, che fu monaco, avuto probabilmente da una donna di nome Alba che ricordò nel suo testamento. È sepolto nella chiesa dei Gesuiti, allora ancora dei Crociferi.
 

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