MESTRE - Quasi sette anni per arrivare a un processo che ora, con questa tempistica, ha tutte le probabilità di finire con una prescrizione. Risale all’agosto del 2016 l’incidente sul lavoro che costò la vita a Salvatore Padula, 65enne di Roma, impegnato con la sua piccola impresa nei lavori di ampliamento dell’aeroporto Marco Polo.
L’IMPUTAZIONE
In attesa che il processo entri nel vivo, c’è il capo l’imputazione che sintetizza il dramma di quel sabato di agosto del 2016. Padula, «assunto a tempo determinato per la coibentazione di una centrale termica e una frigorifera all’interno di un nuovo fabbricato a servizio dell’aeroporto della Save», era «impegnato a prendere le misure di una tubazione da coibentare collocata a circa 375 centimetri da terra», quando cadde dalla scala utilizzata per raggiungere quell’altezza. Gravissime le lesione riportate, soprattutto al capo, che ne causarono la morte. L’amministratore della società è ora a processo per aver messo disposizione una «scala portatile inadeguata alle condizioni in cui il lavoro doveva essere svolto - recita sempre il capo d’imputazione - senza piano d’appoggio e guardiacorpo, tale da costringere il lavoratore a prendere posizioni scorrette a causa delle quali perdeva l’equilibrio e rovinava a terra». Ai due coordinatori della sicurezza viene contestato il fatto di non aver effettuato l’«analisi dei rischi legati alle lavorazioni». Il cantiere teatro della tragedia era quello per la realizzazione della nuova centrale di trigenerazione del Marco Polo. Un appalto vinto da Siram che aveva generato una serie di subappalti ad una decina di aziende. Tra queste quelle di Padula, arrivato da Roma, morto sul lavoro in un sabato di agosto.